GABRIELE SALVATORES, “NAPOLI? È PROPRIO UNO ‘STATE OF MIND’ PERCHE’…”

Gabriele Salvatores, chi è l’autore di “Napoli-New York” e cosa sappiamo della vita e della carriera di uno dei registi più importanti del panorama italiano contemporaneo? Questa sera uno dei momenti certamente più attesi della nuova puntata di “Che Tempo Che Fa” sarà l’intervista a due voci che il 74enne milanese, ma originario di Napoli, e Pierfrancesco Favino daranno nel programma condotto da Fabio Fazio sul Nove, partendo proprio dal film che presto uscirà in tutte le sale italiane e per poi muovere verso i principali argomenti di attualità della settimana col padrone di casa. In attesa di ascoltare qualcosa sulla genesi di quest’ultima fatica cinematografica, possiamo ripercorrere brevemente la carriera di Gabriele Salvatores e la sua presentazione della pellicola che offre uno spunto per riflettere su un tema di sempre stretta urgenza.



Nato a Napoli nel 1950 ma emigrato presto con la famiglia in quella Milano che l’avrebbe adottato da lì agli anni a venire, Gabriele Salvatores è uno dei registi più eclettici e certamente innovativi del panorama italiano: forte di una filmografia molto vasta e che ha preso il ‘la’ da “Sogno di una notte di mezza estate” del 1983, la sua carriera resterà per sempre legata alla sua quarta produzione, ovvero quel “Mediterraneo” che, uscito nel 1991 e premiato con l’Oscar al Miglior Film Straniero l’anno seguente, è oramai diventato con gli anni un vero e proprio cult, avvalendosi di un cast di assoluto livello e portando sullo schermo una vicenda che riesce a travalicare pure i confini temporali e affronta in un certo senso il tema della fuga, come peraltro suggerisce la citazione iniziale.



SALVATORES, “NEL FILM PARLO DI MIGRANTI IN MODO NON IDEOLOGICO E…”

E chissà se nell’appuntamento di questa sera a “Che Tempo Che Fa” Gabriele Salvatores non parli ancora una volta del suo capolavoro indiscusso, oltre che di aneddoti o chicche dal set del film, a margine della presentazione di “Napoli-New York”, che il diretto interessato ha definito come la rinascita della favola di Fellini: infatti l’opera nasce grazie a un trattamento che proprio il regista romagnolo e lo sceneggiatore Tullio Pinelli avevano scritto a quattro mani nel 1948 e poi saltato a sorpresa fuori da un baule dimenticato, come per magia. La trama, incentrata sulla storia di due bambini senza famiglia della poverissima Napoli del secondo Dopoguerra, racconta del loro viaggio da clandestini verso l’America: “È emozionante e quasi mi commuove, è poetica e bella questa cosa che una piccola e bella storia che stava scomparendo” aveva detto Salvatores a proposito di questa piccola perla portata sullo schermo come forse avrebbe voluto Fellini.



Ma non ci sono solo rimandi al cinema felliniano nell’ultimo lavoro di Gabriele Salvatores ma, come spiegato pure da Pierfrancesco Favino, è ben presente pure la lezione neorealista di Roberto Rossellini a mitigare i toni sognanti e da favola di questo viaggio visto dagli occhi di Carmine e Celestina, i due protagonisti. “Ho dovuto cambiare un po’ la parte americana perché loro erano un pochino troppo ottimisti verso l’America nel ’49” ha aggiunto il 74enne che ha avuto modo di parlare non solo della sua città natale dove ha effettuato parte delle riprese ma anche del tema dell’immigrazione. “Napoli non te la togli più da dosso” aveva ammesso al ‘Corriere del Mezzogiorno’ e ricordando come lui sia nato proprio dietro piazza Plebiscito: “Se sei nato qui non te lo togli più da dosso, è uno ‘state of mind’…”. E sul tema sempre attuale dei migranti: “Il Mediterraneo è diventato un cimitero, ci siamo dimenticati che una volta i migranti eravamo noi (…) È uno degli aspetti che mi ha spinto a fare questo film, riuscire cioè a parlare di un tema molto grave e attuale, ma non in maniera ideologica” aveva detto in una recente intervista a ‘Leggo’.