Gaetano Badalamenti è l’antagonista del film tv Felicia Impastato. La sua comparsa la fa all’inizio del racconto, quando Felicia se lo ritrova davanti ed è invitata a “identificarlo”. La vedova Impastato sa benissimo chi è: è il mandante dell’omicidio di suo figlio Peppino, politico e giornalista provocatore trovato morto sui binari della ferrovia di Cinisi. “La denuncia l’abbiamo fatta contro ignoti, ma io so chi l’ha ammazzato: Gaetano Badalamenti”, confida in privato Felicia al giudice. Questi, d’altro canto, la invita a portare delle prove, perché “le nostre certezze non bastano”. Nella sceneggiatura, Felicia e “Tano Seduto” sono vicini di casa. Lei lo accusa apertamente, rispedendo letteralmente al mittente tutti i bigliettini con le intimidazioni. Felicia è una che non si lascia intimidire, soprattutto da parte di uno che – per farle recapitare i suoi messaggi – si avvale di diversi scagnozzi. Per farlo incriminare, tuttavia, servirebbe molto di più della convinzione di Felicia. Se qualcuno dei suoi iniziasse a collaborare, magari, qualcosa si muoverebbe… (agg. di Rossella Pastore)

Chi era Gaetano Badalamenti

Gaetano Badalamenti era conosciuto come don Tano nella Palermo degli anni Sessanta e Settanta. Anche se per Peppino Impastato era Tano Seduto, un nomignolo che gli aveva attribuito in senso dispregiativo e sarcastico. Un’azione che il boss mafioso all’epoca non accetta e che invece forse aumenta la sua ira nei confronti del giornalista e attivista italiano. Il corpo di Peppino viene ritrovato nel ’78 sui binari, squarciato e con al fianco due fogli ritrovati all’interno di un libro, in cui il giornalista parla della volontà di togliersi dalla politica e mettere fine per sempre alla sua vita. Per questo la sua morte viene collegata subito ad un suicidio, anche se prima del ritrovamento del suo cadavere, ricorda La Repubblica, il Procuratore Capo Giovanni Pizzillo aveva già ricevuto informazioni dalla Polizia: “Verso lo 0,30 del 9 maggio 1978 persona identificatisi presumibilmente in tale Impastato Giuseppe si recava a bordo della propria autovettura Fiat 850 all’ altezza del km 30 della strada ferrata TrapaniPalermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo, che esplodendo dilaniava lo stesso”. E con queste parole l’ombra del terrorismo cala su Peppino, nonostante la certezza della madre Felicia che in realtà ad ucciderlo sia stato Badalamenti. Un mafioso che conosceva bene la sua famiglia e che abitava a soli cento passi dalla loro abitazione. Eppure nessuno, in quel periodo, sceglierà di approfondire il possibile collegamento fra Tano Seduto e la morte di Peppino. Gaetano Badalamenti sarà al centro del film Felicia Impastato che Rai 1 trasmetterà nella prima serata di oggi, venerdì 22 maggio 2020, a breve distanza dal 42° anniversario della morte del giornalista.

Gaetano Badalamenti, assassino Peppino Impastato: Rocco Chinnici e l’interrogatorio

Negli anni ottanta, Gaetano Badalamenti inizia ad essere interrogato dal pool Antimafia ideato dal giudice Rocco Chinnici. In particolare è Giovanni Falcone ad occuparsi di indagare sul suo collegamento con l’omicidio di Peppino Impastato. Un’accusa che anche negli anni successivi, il boss di Cinisi deciderà di rifiutare su tutta la linea. “Luigi Impastato [il padre di Peppino, ndr] era un mio amico come tutta la famiglia Impastato”, dirà in una delle udienze tenute a Palermo nel novembre del Duemila, “E in quelle occasioni, non ricordo tutte le parole, la signora Felicia Bartolotta accusava me e il marito della morte del figlio. Che il marito, andato in America, avrebbe incaricato me di uccidere il figlio. Ho contraddetto questa dichiarazione, l’ho spiegato al giudice Falcone. La venuta di Luigi Impastato in America e che la signora Felicia ne era bene a conoscenza, era dovuta all’eredità di Peppino [il padre di Luigi, ndr]”. Badalamenti nega persino di non aver gradito i tanti epiteti e scherni fatti da Peppino tramite i microfoni di Radio Aut. “A me non risulta assolutamente che una volta sola abbia menzionato il nome di Gaetano Badalamenti”, dirà ancora in udienza, “Ha detto Tano Seduto e non mi pare che fosse una parola offensiva riferita a me. Che abbia detto che io non mangio […] le parole non sono belle e non le uso”. La condanna all’ergastolo per il boss mafioso arriverà solo nel 2002, con sentenza della Corte di Assise di Palermo, che stabilirà la sua colpevolezza nella morte di Peppino. Un delitto compiuto con premeditazione, si legge nella sentenza, e con “l’uso di materiale esplosivo del tipo dinitrotoluene, la cui deflagrazione dilaniava la vittima, provocandone l’immediato decesso”.