Il “caso” di cronaca di fine 2019 è una volta di più il dramma di Corso Francia: non passa giorno che le indagini sull’incidente terribile che ha cancellato la vita di Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli e che ha posto Pietro Genovese, il conducente del Suv che ha investito e falciato le due 16enni sotto Ponte Milvio, agli arresti domiciliari. È come se i fatti che hanno sconvolto per sempre la vita di tre famiglie facciano da “simbolo” di un problema enorme, non risolto, delle morti sulle strade: e questo non fa che rendere più “complessa” la fase di indagine, con il sicuro processo che non potrà che trasformarsi in un caso mediatico nazionale, e non solo perché l’imputato sarà il figlio di uno dei più importanti registi del cinema italiano. Dopo le tante testimonianze raccolte dagli inquirenti, la vera “novità” di oggi riguarda il dubbio amletico che affligge gli investigatori: Gaia e Camilla erano o no sulle strisce quando hanno attraversato in piena notte e sotto la pioggia il trafficato Corso Francia? Se infatti l’indice del tasso alcolemico di Pietro Genovese è stato verificato e la modalità di impatto dell’incidente pure, resta ancora misteriosa la posizione delle due ragazze al momento dell’investimento: ad oggi infatti, solo 2 testimoni sugli 8 sentiti confermano la tesi degli avvocati delle famiglie delle 2 vittime, ovvero che le 16enni erano mano nella mano sulle strisce pedonali e con semaforo verde (almeno all’inizio dell’attraversamento, come spiega l’avvocato dei Romagnoli, Cesare Piraino, e quello dei Von Freymann, Giulia Bongiorno).



GAIA E CAMILLA ERANO O NO SULLE STRISCE?

L’intero caso si snoda proprio su questo dubbio: secondo i legali delle due vittime. Gaia e Camilla sarebbero partite con il verde, ma si sarebbero trovate al centro della carreggiata con il semaforo rosso: 6 testimoni invece sostengono di averle viste attraversare lontano dalle strisce, con il rosso e superando il guard rail piazzato in mezzo a Corso Francia. Al momento, l’unico dato certo – oltre al tasso di 1,4 di alcol nel sangue per Pietro Genovese al momento dell’impatto – è che dopo la frenata della prima macchina che per poco non le ha centrate in pieno, le due 16enni hanno cominciato a correre non curanti che la strada avesse tre carreggiate e che con ogni probabilità sarebbero potuto finire investite. Così è poi drammaticamente successo e ora il caso racconta amaramente di due morti giovanissime e un terzo, 20enne, agli arresti domiciliari per il duplice omicidio stradale. Al momento, la testimonianza forse più preziosa l’ha fornita la coppia che si trovava nella Smart appena dietro l’auto che inizialmente ha frenato ed evitato Camilla e Gaia: si tratta di Moshè David Rubin e della moglie, Joel Zanzuri. Come riporta il Messaggero, i due spiegano che in primis la macchina davanti dopo aver frenato, è andata via da Corso Francia e ad oggi ancora non sono stati rintracciati; in secundis, quanto segue «Ho visto davanti a me, all’altezza della rampa, due ragazze che, tenendosi per mano, si immettevano sulla carreggiata da destra verso sinistra, approfittando del fatto che la corsia di destra di Corso Francia, che conduce ai Parioli, non ci fosse nessuno. A quel punto la piccola auto grigia che ci precedeva ha ulteriormente ridotto l’andatura, non so se abbia frenato, comunque ha diminuito la velocità per agevolare il passaggio delle due ragazze». Una frazione di secondo dopo le due ragazze si mettono a correre sulla carreggiata a circa 150 metri dalle strisce pedonali, «in maniera frettolosa e incauta, senza accertarsi dell’eventuale sopraggiungere di altri veicoli. Nel momento in cui hanno impegnato la corsia di sorpasso sono state colpite da un’ autovettura di grosse dimensioni che viaggiava a velocità sostenuta. Le ragazze sono volate in alto e rovinate al suolo più avanti». Sta ora agli inquirenti valutare se sia verosimile e realistica questa ricostruzione della dinamica, per capire se Genovese abbia o no delle attenuanti per la responsabilità nel drammatico incidente che ha sconvolto la città di Roma.

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