Gaia Tortora ha vinto il Premio Estense per un libro autobiografico dal titolo “Testa alta, e avanti” (Mondadori) che racconta come ha vissuto l’incubo del padre Enzo Tortora, vittima di un caso di malagiustizia. “È stato difficile, ma condividere la sua vita con gli altri è un mezzo per ripagarla di tutte le sofferenze che ha dovuto subire”, ha affermato in una intervista a Quotidiano Nazionale.
La storia di suo padre ha cambiato profondamente anche la sua, che all’epoca era solo una ragazzina. “Ha lasciato una traccia indelebile su tutto. Ha condizionato ogni cosa: la crescita, le relazioni, anche affettive. Ultimamente, mi capita di fermarmi e di chiedermi come sarebbe stata la mia vita senza questo orrore. Ha presente il film Sliding Doors? Sono uscita di casa in un modo, sono tornata dopo due ore e la mia vita era completamente cambiata”, ha ammesso.
Gaia Tortora vince Premio Estense: il libro sul padre Enzo
Gaia Tortora vorrebbe che lo Stato e, in particolare, la giustizia avessero imparato qualcosa dal caso di Enzo Tortora. Ciò, tuttavia, non sembra essere accaduto. “Lo stato delle carceri è vergognoso. In questo momento, c’è un uomo in arresto da 33 anni, Beniamino Zuncheddu: è innocente e il suo rischia di essere il caso più lungo in assoluto per detenzione ingiustificata. La giustizia è lenta, c’è troppa capacità di mettere le persone in galera sulla carcerazione preventiva. Quando una persona è innocente, deve essere riconosciuto l’errore velocemente, per riconsegnarle la sua vita”, ha affermato.
Ma non solo. Anche la stampa ha le sue responsabilità. “Qualcuno ha imparato, qualcuno no. A volte è più semplice dividere l’opinione pubblica e la fetta da contendersi. Forcaioli, giustizialisti, garantisti: come se fosse una categoria da indossare. Non è così: quando parliamo di giustizia e della vita delle persone, più che la certezza della pena, sembra un paese in cui c’è soltanto la certezza della colpevolezza”, ha concluso.