Dopo quella di coronavirus “arriverà un’altra grande epidemia” e a causarla saranno “i germi multiresistenti“. Parola di Massimo Galli, Past President di SIMIT alla vigilia del XIX Congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. Il primario infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano, come riportato dall’Huffington Post, ha spiegato: “Mi auguro francamente che si possa fare tesoro da questa lezione in modo che ci possa trovare più pronti ad affrontare l’altra grande epidemia in arrivo: una pandemia neanche tanto strisciante. Parliamo di quella causata dai germi multiresistenti, che colpisce tanto gli ospedali quanto gli ambienti esterni, una delle principali minacce di questo decennio. E mi auguro, infine, che riusciremo ad essere più forti per fronteggiare malattie ‘storiche’, come quelle da HIV e HCV“.
GALLI: “ARRIVERA’ UN’ALTRA GRANDE EPIDEMIA”
L’intervento del professor Galli è teso a rimarcare l’importanza della prevenzione, affinché non abbia a verificarsi mai più una situazione come quella sperimentata durante l’epidemia di coronavirus, con i sistemi sanitari di mezzo mondo letteralmente travolti e presi alla sprovvista dal patogeno. Galli ha dunque spiegato: “Questa epidemia ci ha dato una lezione ha sottolineato infatti come sia importante una buona rete epidemiologica, anche per fronteggiare alcune emergenze come quelle da Covid-19. Negli ultimi anni, però, proprio l’infettivologia ha subito tagli pesanti, unità complesse che sono passate a semplici, mentre in alcune strutture ospedaliere la figura dello specialista infettivologo è stata considerata addirittura inutile. E sono decenni che sulla medicina territoriale non si investe, che si rilevano anche differenze sostanziali tra una regione e un’altra“. Come intervenire dunque? Secondo Galli basta andare in “direzione esattamente opposta” rispetto a quella intrapresa finora: “Oggi la sanità pubblica, purtroppo, vige in stato semicomatoso. Diventa indispensabile, soprattutto per gli anni a venire, la presenza di una funzione specialistica in ogni centro ospedaliero, non soltanto da un punto di vista strettamente clinico, ma anche dal punto di vista epidemiologico, affinché ci possa essere un possibile riscontro precoce di condizioni che diventano poi di interesse della prevenzione territoriale nel senso più vasto“.