Massimo Galli è tornato a parlare della Messa anche a Fuori dal coro, la trasmissione di Rete Quattro andata in onda ieri sera. Il professore ha ribadito che, pur con il massimo rispetto per i credenti (“che hanno la fortuna di credere”), non si può correre questo rischio, a differenza delle attività produttive per le quali è necessario ripartire. Massimo Galli ha dunque ribadito il concetto già espresso in precedenza su quella che “non è una priorità tale da rischiare squilibri”. Proprio questo è il nocciolo della questione circa il ritorno o meno della Santa Messa. I rischi ci sono come per qualunque attività che ripartirà in queste settimane, il Papa stesso li ha fatti presenti invitando i fedeli a una ragionevole prudenza, ma può essere un comitato tecnico a decidere le sorti della Messa?



Comprensibilmente esso non riterrà la Messa una priorità fino a quando l’emergenza continuerà e sappiamo che i tempi potrebbero essere anche molto lunghi: questo è il dubbio che tormenta molti fedeli, non possono essere solamente i criteri utilitaristici a determinare cosa riparte e in questo senso è il Governo che deve indicare quali sono i “settori” sui quali si deve correre un rischio (naturalmente limitato il più possibile da ogni norma di prudenza). La Messa rientrerà fra questi? (Aggiornamento di Mauro Mantegazza)



IL NODO DELLA RIPRESA DELLE MESSE

Massimo Galli contro le Messe aperte al pubblico nei giorni del Coronavirus? Titolo forte ma, intervistato da Il Messaggero, il primario del reparto di malattie infettive presso l’ospedale Sacco di Milano ha detto che in questo momento aprire le Messe ai fedeli sarebbe un errore, e che serve ancora grande cautela. Lo dice da “laico e ateo”, come si è definito, ma con “un profondo rispetto verso le sensibilità altrui”; ad ogni modo la sua tesi è quella di dover aspettare ancora per riaprire le porte delle chiese, che Giuseppe Conte ha chiuso nuovamente a partire dal 4 maggio ma che, si dice, potrebbe tornare sulla sua decisione dopo il comunicato ufficiale emesso dalla Cei. Il tema, come sappiamo, è delicato: le immagini da Soncino le abbiamo viste e ci siamo tornati tutti, mentre il popolo cattolico non ha mandato giù la conferma del divieto di dire Messa in pubblico nel DPCM di domenica scorsa. Si è visto in questo provvedimento un atto incostituzionale e discriminatorio, immediatamente paragonato alla possibilità di andare a fare la spesa o potersi recare nei parchi. Per un cattolico, l’Eucarestia non può essere derubricata alla televisione: non è la stessa cosa.



MASSIMO GALLI: “LA MESSA NON E’ UNA PRIORITA'”

Galli la pensa in maniera diversa, o meglio dice che non spetta a lui fare proposte e che, pur capendo chi si sente limitato nella libertà di culto, “mentre stiamo parlando la Messa non è una priorità tale da rischiare squilibri”. Il primato del Sacco pensa a situazioni difficili come lo scambio della pace o la distribuzione della Comunione, dice che “un prete tutto bardato e la Comunione data attraverso un plexiglass non sarebbero un bello spettacolo”, adduce poi la motivazione della grande cautela da tenere ancora. Per spiegarlo, fa l’esempio dell’interruttore sostenendo che la Fase 2 non possa voler dire “passare da tutto chiuso a tutto aperto in pochi giorni, non funziona così”. Si augura che a vincere sia la politica che deve avere la decisione finale, e dice che la scienza davanti al Coronavirus ha ancora dei limiti. Anche qui c’è un esempio: “Quando a febbraio stava per scattare la zona rossa di Codogno, molti di noi si consultavano dandosi speranza”. C’era il precedente della Sars che aveva contato 4 casi in Italia ed era subito scomparsa, qui invece “saremmo dovuti andare da chi ci governa per chiedere di bloccare subito Schengen”, ma all’epoca nessuno avrebbe mai adottato una simile proposta.

Situazione ribaltata insomma: da un singolo paziente zero introdotto in Italia si è creata una pandemia di questo tipo e, ora, secondo il dottor Galli il Coronavirus che dovesse uscire nuovamente fuori controllo a partire dal 4 maggio complicherebbe ulteriormente le cose. Tornando al tema delle Messe vietate al pubblico, Galli dice che in condizioni “normali” gli ammalati possono partecipare alla Messa in tv qualora impossibilitati ad andare in chiesa, “se l’adempimento del Sacramento è considerato assolto per chi sta in un letto di ospedale allo stesso modo dovrebbe capitare adesso, visto che c’è il forte rischio che si ammali”. Si potrebbe obiettare che non sia esattamente la stessa cosa, e potremmo dirlo senza dover tirare in ballo necessariamente la fede individuale delle persone o la cartella clinica di ciascun paziente che voglia o non voglia recarsi in chiesa; vada come vada, il professor Galli ha espresso la sua opinione…