La vita del Mahatma Gandhi è raccontata nell’omonimo film del 1982, diretto da Richard Attenborough. La pellicola è stata un grandissimo successo di critica e pubblico e racconta la vita del Mahatma Gandhi soffermandosi in modo particolare sull’evoluzione del suo pensiero: dalla nonviolenza al Satyagraha fino al braccio di ferro con il colonialismo britannico. Il film comincia dagli ultimi giorni di vita del Mahatma: è il 30 gennaio del 1948, quando Gandhi a Nuova Delhi si reca in un giardino per pregare accompagnato da una schiera di fedeli. Tra questi c’è il giovane Nathuram Godse che, una volta avvicinatogli, lo uccide con tre colpi di arma da fuoco.



Per comprendere fino in fondo la sua esistenza, però, occorre partire dal principio. Mohandas Karamchad Gandhi – questo il vero nome di Gandhi noto con l’appellativo di Mahatma – nasce il 2 ottobre 1869 a Porbandar, nell’India occidentale. Grazie alla sua provenienza da una famiglia benestante, poté godere di una istruzione di alto livello: prima High School e College a Mumbai, poi il viaggio a Londra al fine di ottenere l’abilitazione alla professione legale. Dopo il ritorno in India è chiamato a compiere un viaggio d’affari in Sud Africa e qui verrà a contatto per la prima volta con il concetto di schiavitù, la condizione in cui sono tenute le persone che non sono di etnia caucasica. Viene così allontanato da un treno senza la possibilità di poter affittare una camera. Un’umiliazione tale da portare ad una svolta importante poiché all’età di 24 anni fonda il Natal Indian Congress, associazione per la difesa degli interessi indiani nell’Unione sudafricana.



Gandhi: la non violenza e l’indipendenza dell’India

A Pretoria, Sudafrica, Gandhi organizza una manifestazione che raggiunge l’apice con un gesto davvero forte: brucia dei lasciapassare, ma la polizia locale lo aggredisce. La sua manifestazione viene però notata dalla stampa, in particolare quella internazionale che lo sostiene apertamente. Dopo essersi ripreso dal pestaggio, Gandhi fonda la comunità di Phoenix sul modello degli Āśrama per produrre un giornale indipendente e riprendere a organizzare manifestazioni pacifiche di protesta contro le leggi discriminatorie. La sua lotta per la nonviolenza lo porta a diventare un modello da seguire in tutto il mondo.



Attraverso la lettura dei vari testi religiosi, Gandhi comprende l’importanza della rinuncia considerata la più alta forma di religiosità ed a 37 anni decide di prendere voto di castità, in accordo con la moglie ma contro la sua religione. Nel medesimo periodo prende il via quella che sarà il suo segno distintivo, ovvero il digiuno, considerato un mezzo di purificazione ed autodominio. Pratiche, queste, con le quali si inaugura la Satyagraha, ovvero la forza della verità che ha come unica arma la non violenza. “La non violenza è fatta di materia solida, è l’arma dei cuori più forti”, sosteneva Gandhi, a differenza di coloro che la consideravano, al contrario, l’arma dei deboli.

Il suo grande impegno in ambito politico e la morte

In ambito politico Gandhi fu molto attivo e proprio questa sua presenza costante in prima linea gli ha causato non pochi problemi tra cui vari arresti. La prima volta avvenne in seguito al suo invito alla disobbedienza civile, nel settembre 1906, rivolto agli asiatici dopo la proposta della polizia di schedarli. Per questo fu rinchiuso per ben sette anni. Altre volte fu arrestato per aver fomentato la ribellione civile e persino per aver simbolicamente prodotto alcuni grammi di sale opponendosi così al monopolio. Ampio l’impegno nelle forze di pace in entrambi i conflitti mondiali, durante i quali si oppose con forza alla divisione tra India e Pakistan. Fondamentale poi è stata la sua opera per la liberazione dell’India dal colonialismo britannico riuscendo nel 1947 ad ottenere l’indipendenza per la sua terra. Si tratta della sua ultima vittoria, visto che poche settimane dopo viene ucciso da un fanatico hindu. Gandhi muore il 30 gennaio 1948 all’età di 78 anni.