Svariati anni fa tre ragazze decidono di intraprendere un’avventura musicale unica e coraggiosa a partire dalle loro origini, l’incantevole e sconfinata bellezza delle montagne dell’Alta Badia di La Val. E’ il 2010 e la sfida – con il nome di Ganes – è quella di portare i suoni del patrimonio popolare dentro le potenzialità sonore dell’etnopop europeo e in una miriade di piccoli riferimenti a esperienze musicali contigue o apparentemente lontane dalla propria formazione. Il tutto cantando pressoché la totalità del repertorio in lingua ladina, sfruttandone le potenzialità fonetiche delle parole tronche.
In uno spazio di tempo di undici anni le nostre si fanno giovani donne e – sulla soglia del passaggio tra le due fasi esistenziali – forti di un lavoro incessante tra studio, palco ed esperienze messe ogni volta sempre più a fuoco, spiccano il salto di qualità con l’album “An Cunta Che” del 2016. Un disco splendido dove spunti, intenzioni e influenze si coagulano in un tessuto che razionalizza atmosfere magiche e armonie folk autoctone con canzone d’autore e produzione di taglio internazionale. A partire dai violini e dalle corde assortite delle sorelle Marlene e Elizabeth Schuen, le cui voci si uniscono a quella della cugina e percussionista Maria Moling, si susseguono una serie di canzoni intime, forti e vitali che suggellano un tripudio di colori e sfumature di grande intensità. Le note di cronaca dicono di una fanbase ristretta e fedele in Italia e in compenso di un seguito non indifferente in Germania dove le Ganes riempiono teatri ad ogni giro per non meno di trenta-quaranta date.
Gli anni che ci separano da allora ad oggi – mai era capitato che tra un loro disco e il successivo trascorressero cinque anni – si spiegano presto. Maria Moling passa la mano per avventurarsi nelle interessanti sonorità rock “liberty” del duo cosmopolita Me and Marie (ma ancora oggi si esibisce a livello locale con Marlene quando i rispettivi impegni lo consentono). Le sorelle chiedono l’ausilio artistico della figura elegante e longilinea della contrabbassista tedesca Natalie Ploger. Le premesse per il ritorno prevedono una lunga rincorsa, ulteriormente prolungata dalle vicende pandemiche. Il primo singolo Tartaruga de plastica anticipatore dell’album viene pubblicato alla fine di agosto del 2020. L’album, annunciato per l’estate 2021, arriva solo alla fine dello scorso agosto.
“Or Brüm” (Oro Blu) è l’approdo di questo lungo lavoro. Registrato in varie località tra La Val, l’Austria delle aree forestali, Monaco e Berlino, è un disco che, oltre a confermare la qualità sonora delle produzioni del gruppo, mantiene intatta la magia sensoriale e lirica del grande precedente con il gusto acquisito delle sorelle Schuen proiettato verso nuovi e pregevoli incroci con latitudini opposte ed il filtro nella dominante folk/europop.
Dal primo all’ultimo solco la musica scorre fluida e ricca di soluzioni melodiche a getto continuo. Dall’electro pop eighties di Tartaruga de plastica alla finale danza acustica della ritrovata dimora di Assosta (Riparo), si assaporano racconti contesi tra sonorità mutevoli e delicati impasti vocali, tra amore anelato e amore perduto, tra denuncia declamata con lieve sarcasmo e tenerezza, e senso del destino mediato da ironia e passione. Spiccano due momenti memorabili come Or Brüm, title track di suoni e voci purissime, dove gelide e argentate note pianistiche si cullano in una linea vocale di Marlene dai sentori mediterranei. E l’altra escursione verso il sud peninsulare di Abis, con un carnale ritmo di tango condotto dal canto sensuale di Elizabeth.
Il contrabbasso di Natalie offre risoluzioni morbide e pertinenti alla globalità tessuto sonoro, riservando il proprio contributo vocale alla breve ed intensa Jodler ru dla gana, incantevole impasto a tre voci conteso tra yodel e umore sconfinato delle arie alpine. Il resto è ben bilanciato tra versi di creature che evocano miti popolari , brevi bozzetti di violino che lasciano spazio alle ballate romantiche di Odissea e Delà dal ozean e alla sacralità ora allegra di Ega santa (Acqua santa) ora immedesimata di Nadé (Natale).