Silvio Garattini ha scelto di mettersi in campo, ancora una volta: così è partito per il Kurdistan iracheno, all’età di 93 anni. Il celebre ricercatore e oncologo, fondatore e presidente dell’Istituto Mario Negri, è volato proprio Kurdistan per girare lo speciale “O anche no – lo scandalo della bellezza”, in onda il 16 agosto, in seconda serata, su Rai Tre. A spiegare a Libero la sua scelta è proprio lui: “Un conto è parlare delle cose, un altro è toccarle con mano. Vista la mia età, i miei familiari si erano opposti in blocco ma io sono andato fino in fondo: ormai non ho più molto tempo a disposizione e volevo assolutamente fare questa esperienza”.



Il bilancio, a suo dire, è assolutamente positivo: “Ne è valsa certamente la pena. È stato scioccante perché non ho mai visto così tante persone senza mani e piedi. Purtroppo nel Kurdistan le mine anti uomo sono progettate non per uccidere le persone, ma per mutilarle. Emergency sta facendo un grande lavoro di cura delle vittime e reinserimento nella società grazie al centro costruito a Sulaimaniya”. Curare una persona, spiega, vuol dire anche prendersene cura: “Purtroppo noi medici tendiamo ormai a privilegiare solo il primo aspetto. Prenda il caso dei tumori: il 70% sarebbero prevedibili eppure ogni anno muoiono 180mila persone di cancro. Il fatto è che la prevenzione è in conflitto con gli interessi del mercato”.



Garattini: “Abbiamo sulla coscienza morti”

Se gli chiedono se stia diventando complottista, Silvio Garattini risponde: “Assolutamente no! Il mercato è importante e, per definizione, punta a crescere. Il che è alla base del progresso scientifico. Dico solo che, in generale, è sempre meglio non avere le malattie piuttosto che guarire”. La situazione della ricerca, però, non è affatto rosea in Italia: “L’Italia spende in ricerca la metà degli altri Paesi, che diventa addirittura meno di un terzo se prendiamo come paragone la Germania. Siamo ancora in una situazione in cui si parla molto ma si fa poco: non abbiamo nemmeno fatto un vaccino!”. Lo Stato, a suo dire, è fermo: “Le dirò di più. Il 4 aprile del 2020 sono stato il primo firmatario di una lettera inviata da “Medici senza frontiere” al presidente del Consiglio: lo sollecitavamo a prenotare i vaccini. Dovevamo infatti attrezzarci, l’Italia non poteva attendere di riceverli da altri. Invece, niente: in Israele hanno iniziato i vaccini a dicembre, noi a marzo. Abbiamo quindi sulla coscienza molti morti che potevamo evitare”.



La pandemia non sembra finirà a breve, ma una soluzione, per l’oncologo, potrebbe essere quella di vaccinare tutto il mondo: “Non faccio l’indovino di mestiere: ce ne sono già troppi. Il Covid è un virus che conosciamo ancora poco ma di sicuro è fondamentale vaccinare tutto il mondo per bloccarne la circolazione e quindi la nascita di varianti”. Costerebbe parecchio? Sì, ma “sempre meno dei costi generati dalla pandemia”.