Doveva essere un inverno relativamente tranquillo dopo il lungo e delicato lavoro per ridurre la dipendenza dal gas della Russia, ma la guerra in Medio Oriente tra Israele e Hamas apre nuovi scenari per il governo italiano. I depositi di gas attualmente traboccano di scorte, come nel resto d’Europa, non preoccupa neppure il nucleare francese, visto che importiamo elettricità, inoltre i bacini idroelettrici non sono a rischio come nel 2022. Eppure, è di nuovo allarme rosso e la principale fonte di preoccupazione resta il gas. Non solo per il prezzo, visto che è rincarato di circa il 40% in una settimana, andando oltre i 55 euro per Megawattora al Ttf. A intimorire è l’impennata rapida, ispirata dall’attacco a Israele e dagli scontri nel Nagorno Karabakh, regione contesa tra Armenia e Azerbaijan.



Peraltro, un gasdotto nel Mar Baltico si è fermato per una falla che potrebbe essere legata ad un sabotaggio. Un gasdotto determinante per interrompere la dipendenza da Gazprom. Ora nel Baltico ci sarà più domanda di Gnl, mentre per la guerra in Israele ci sarà meno disponibilità di gas, con probabili ricadute proprio sulle forniture di Gnl all’Europa, secondo il Sole 24 Ore. Il giacimento Tamar, che si trova di fronte alla Striscia di Gaza, è stato precauzionalmente fermato e Israele ha ridotto le esportazioni di Leviathan, giacimento ancor più grande, per soddisfare il mercato interno.



ITALIA, FORNITURE GAS DIVERSIFICATE MA…

La situazione è delicata anche per l’Egitto, che sta accusando difficoltà a produrre gas e a fronteggiare la crescita dei consumi interni, inoltre si è ridotta di un quinto la fornitura da Israele di gas che in gran parte finiva nei carichi di Gnl, quelli che il Cairo si è impegnato a inviare in Europa, in particolare in Italia. L’Italia ha una posizione privilegiata per gli approvvigionamenti di gas, non solo per la rete di alleanze costruita da Eni, che sta rispolverando il Piano Mattei in Africa, ma anche perché, come evidenziato dal Sole 24 Ore ha grandi depositi di stoccaggio, cinque punti di accesso via gasdotto e cinque rigassificatori.



Ma nella situazione attuale poche rotte possono essere considerate sicure, quindi oltre l’80% delle forniture di gas attualmente sono esposte a rischi geopolitici più o meno gravi. Per sostituire la Russia ci si è affidati soprattutto all’Algeria, da cui arrivano oltre un terzo delle forniture di gas, ma il fatto che Algeri non abbia condannato le violenze di Hamas in Israele preoccupa. Peraltro, nel 2022 l’Algeria aveva tagliato l’export di gas verso la Spagna quando questa aveva appoggiato il Marocco sulla questione del Sahara Occidentale. Resta defilata, invece, la posizione del Qatar, che starebbe mediando per fermare gli scontri. Neppure dalla Libia arrivano minacce, anche se resta lacerata da anni da una guerra civile che ha inciso sulla produzione di idrocarburi.