La proposta europea di coordinare una riduzione dei consumi di gas del 15% è naufragata. I Paesi che non hanno problemi di approvvigionamento, come la Spagna ma non solo, non hanno abboccato alle richieste di solidarietà. Il costo politico sarebbe colossale e in più fino all’altro ieri i Paesi che avevano accesso a energia economica o proiezione geopolitica si rifiutavano di condividere le risorse. L’esempio della Libia è uno dei migliori sulla solidarietà europea, ma anche la Spagna ha di che lamentarsi con la Francia. Emblematica è stata la risposta del ministro spagnolo alla richiesta: “A differenza di altri non abbiamo vissuto al di sopra delle nostra necessità energetiche”. Un chiaro riferimento alle accuse di aver vissuto sopra i propri mezzi subita durante la crisi dei debiti sovrani. Anche i Paesi che hanno qualche difficoltà hanno risposto picche. Piuttosto che annunciare subito dei tagli, costosissimi politicamente ed economicamente, preferiscono tentare la sorte. 



Il problema, però, non è risolto. Se la Russia ferma i flussi di gas le alternative sono due: o ci pensano gli Stati o ci pensa il mercato. Far scegliere gli Stati significa trasferire nelle mani dei Governi un potere immenso di vita o di morte rispetto a questo o a quel settore produttivo e, nel caso dei privati, imporre una regola che vale per tutti e che per quanto possa essere dettagliata inevitabilmente genera grande scontento in larghe fette della popolazione. La soluzione del mercato, invece, è meno complessa ma altrettanto problematica; il prezzo sale talmente tanto che semplicemente alcune famiglie non si possono permettere di riscaldare la casa o accendere il forno, mentre alcune imprese sarebbero destinate a morte certa. Tutta la filiera alimentare, per esempio, è energivora. La media impresa italiana, trasformatrice e industriale, è energivora. Sarebbe un disastro.



Messi di fronte a questa alternativa la tentazione di scegliere la seconda opzione è forte anche considerando i rischi politici di un trasferimento di potere verso il Governo senza precedenti e pericoloso in quanto tale. Il problema vero è che il mercato non funziona perché non è messo nelle condizioni di funzionare.

In un mondo “normale” l’esplosione dei prezzi degli idrocarburi porterebbe nel medio periodo a un’esplosione dell’offerta. Estrarre gas sarebbe talmente conveniente che con un impianto normativo minimamente decente, con certezza di regole e canoni di estrazione, si arriverebbe a un incremento dell’offerta. Uno strutturale deficit energetico darebbe nuovi incentivi al nucleare e così via. Sappiamo perfettamente che non siamo in questa situazione. Il legislatore europeo e italiano ha deciso d’ufficio quali modi di produrre energia siano sufficientemente green e quali no a prescindere da come venga svolta l’attività e da quante attenzione si ponga all’ambiente. Oltretutto, come sappiamo, i costi ambientali delle fonti green sono taciuti. 



La soluzione di mercato non è attraente perché il mercato è stato “abolito” e i Governi danno le carte sulla base di scelte ambientali discutibili e il cui costo economico implica una riduzione della qualità della vita spaventoso. 

La vera soluzione di mercato sarebbe questa: chi vuole l’energia green paga l’energia elettrica fatta con il green e chi non la vuole paga quella fatta con le risorse tradizionali senza che i Governi possano dire niente. L’obiezione è nota: l’inquinamento non si può confinare e ci sono le mitiche “esternalità negative”. È una parola sotto cui si nascondono spesso e volentieri pulsioni semi totalitarie. L’esternalità negativa ambientale, volendo rimanere su questo piano, è opposta a un’esternalità negativa sulla qualità della vita. Esattamente come l’inquinamento è libero di viaggiare anche il freddo è libero di entrare nelle case di chi le vorrebbe calde bruciando il gas. Fino a prova contraria nei Paesi dove non c’è traccia di industria ed “emissioni” tendenzialmente si muore a 40 anni. 

Facciamo funzionare il mercato con un minimo di controllo. Questa è la soluzione. L’alternativa che viene posta è finta e nei fatti si conclude in un sistema semi socialista dove, con la scusa della riduzione dei consumi, si controlla tutto e tutti.

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