Dopo lo stop di luglio, la prossima settimana il gasdotto Nord Stream verrà fermato ancora una volta da Gazprom per manutenzione, anche se per soli tre giorni. Il prezzo del gas in Europa ha intanto raggiunto nuovi massimi, mentre gli stoccaggi dell’Italia si stanno avvicinando alla soglia dell’80%.

Come ci spiega Davide TabarelliPresidente di Nomisma Energia, «il mercato guarda già all’inverno, quando la domanda di gas, in questo momento già elevata per via delle necessità di ricostituire le scorte, raggiungerà il picco e ci si potrebbe ritrovare a fronteggiare a un ammanco di volumi, considerando che fino all’anno scorso la Russia rappresentava il 40% degli approvvigionamenti europei. Questo rischio sta diventando sempre più una certezza perché i flussi di gas russo sono scesi del 70%. Il mercato sta quindi reagendo a questa situazione e, purtroppo, non sembra esserci limite alla salita del prezzo».



In queste settimane diversi imprenditori hanno evidenziato l’esplosione dei costi di produzione dovuti alle bollette dei mesi estivi. Alla luce di quanto ha appena detto, la situazione potrebbe però peggiorare nei prossimi mesi.

Non è semplice rispondere, perché i prezzi sono talmente alti che la previsione più naturale sarebbe quella di una loro diminuzione. Tuttavia, il quadro è condizionato da un evento straordinario, irrazionale e tragico che è la guerra. I prezzi sono già altissimi, forse potranno salire ulteriormente, però siamo vicini ai massimi. Prima o poi scenderanno, ma non si può dire con precisione quando.



Sembra anche non esserci modo di fermare la speculazione, che in parte contribuisce al rialzo delle quotazioni.

A me non piace parlare di speculazione, perché quando il prezzo era sotto i 10 euro/megawattora, rispetto ai circa 290 di oggi, e metteva in forte difficoltà produttori e venditori, nessuno parlava di speculazione. Questo purtroppo è un momento molto critico, il prezzo è straordinario e irrazionale e anche in inverno, quando ci sarà bisogno di gas per coprire un bisogno primario, quello del riscaldamento, che rende la domanda rigida, potrebbe schizzare verso l’alto.

La Germania si dice pronta a rimandare lo spegnimento delle tre centrali nucleari ancora in funzione, nonostante i Verdi siano al Governo. A suo avviso, mancano in Italia scelte coraggiose di questo tipo?



In Germania andrebbe presa subito la decisione che al momento è solo a livello di annuncio sulle centrali nucleari, così come da noi andrebbe presa subito la decisione di riaprire tutte le centrali a carbone, non solo quelle poche rimaste in funzione. Tuttavia, nemmeno se ne parla, perché il Governo tuttora in carica ha tra i suoi membri i nostri “verdi”, che sono i grillini. Con questo Esecutivo è stato addirittura creato il ministero della Transizione ecologica, che ha tolto la competenza sulla materia energetica al ministero dello Sviluppo economico. Sembra, quindi, che in Italia sulla materia ci sia un po’ di imbarazzo, come in Germania, o anche in Olanda dove non si riesce ad aumentare la produzione del più grande giacimento di gas d’Europa, una cosa assurda. È come se i Paesi europei non avessero capito la gravità della situazione e continuassero a tergiversare.

Manca un mese alle elezioni, come giudica i programmi dei partiti rispetto al tema energetico?

È un tema un po’ delicato e anche per questo non manca chi cerca di starne lontano. Si tratta poi di di distinguere tra breve e medio lungo termine. Per quanto riguarda il primo aspetto, legato all’emergenza di cui stiamo parlando, si può far poco oltre a razionare i consumi o rimettere in funzione le centrali al carbone e spingere il più possibile sulle rinnovabili, cioè trovare più alternative possibili al gas. Per quanto concerne il medio lungo termine si nota qualche differenza negli schieramenti: a destra si caldeggia il ritorno al nucleare, mentre a sinistra c’è una sovrasensibilità alle fonti rinnovabili.

Il quadro che emerge per il breve termine sembra dover avere inevitabilmente delle conseguenze sia economiche, per le difficoltà delle imprese, che sociali, perché non tutti potranno spendere di più per il riscaldamento.

Sì, la cosa più preoccupante è che molte aziende chiuderanno, non solo le fabbriche che consumano più energia, ma anche quelle più piccole legate alla ristorazione e all’ospitalità e in altri comparti. Del resto l’energia è importantissima e lo shock cui ci troviamo di fronte comporterà inevitabilmente la distruzione di domanda e di posti di lavoro, l’arrivo di una recessione.

Rispetto, però, a shock che abbiamo vissuto di recente, come lo scoppio della pandemia, l’inverno arriva alcuni mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina e sembra quasi che non si sia usato bene il tempo che c’era a disposizione per prepararsi alla fase emergenziale…

Sì, si poteva fare di più sulla sicurezza del nostro sistema energetico. Per esempio, aumentare la produzione nazionale di gas, il numero di rigassificatori, gli impianti con rinnovabili. Adesso è tardi. Speriamo almeno di fare tesoro di questa brutta esperienza.

(Lorenzo Torrisi)

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