Partiamo da un dato: la Libia era al primo posto in Africa nell’indice Onu dello sviluppo umano, ora invece viaggia verso gli ultimi posti ed è tra i più pericolosi (ex) Stati del mondo. L’export del petrolio fino al 2011 aveva nell’italiana Eni il suo assetto principale. Ricordiamo che la Libia detiene il 38% del petrolio africano ed è in grado di soddisfare l’11% dei consumi europei. Di fatto è un Paese-asset strategico da cui la nostra produzione industriale trae linfa vitale.



Non bisogna poi dimenticare che l’Italia dal 2011 a oggi ha perduto commesse, tra infrastrutture e contratti di estrazione, per un valore di 5 miliardi di euro. Il valore in termini economici (energetico più infrastrutture) ammonta a 140 miliardi di euro nell’immediato e sarebbe pari a circa quattro volte e mezzo se l’esportazione energetica e di greggio tornasse a livelli precedenti la crisi del 2011.



Questa premessa per capire l’importanza del recente accordo Eni-Libia, di fatto pilastro di quel “piano Mattei” invocato più volte dalla premier Giorgia Meloni, che nelle dichiarazioni congiunte con il primo ministro del Governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Dbeibah, ha affermato: “L’Italia è impegnata a fare la sua parte, per assicurare una maggiore unità di intenti da parte della comunità internazionale sul dossier libico ed evitare il rischio che alcune influenze lavorino per destabilizzare il quadro piuttosto che favorirlo”.

Una dichiarazione che ha messo il cappello all’accordo da 8 miliardi siglato da Eni in Libia tra l’ad Eni, Claudio Descalzi, e l’ad della National Oil Corporation (Noc), Farhat Bengdara, per avviare lo sviluppo delle Strutture A&E. Questo progetto andrà ad aumentare la produzione di gas per rifornire in monopolio l’intero mercato interno libico; e l’Italia sarà il nodo principale della rete di export verso l’Europa. Il prezzo e i flussi saranno gestiti da Roma, che di fatto potrà utilizzare questo canale privilegiato come leva nei confronti del Nord Europa, altra bisettrice energetica del continente. Grazie a questi accordi il nostro Paese sarà in grado di poter gestire in equilibrio le future partite energetiche europee, senza imposizioni. Questo grazie al ruolo dato dall’autonomia energetica che si vuole raggiungere. In più l’accordo consentirà di mettere al sicuro la Libia a livello energetico, di fatto creando lavoro e portando sviluppo tecnologico al Paese, con effetti di stabilizzazione sul piano sociale.



Energia e immigrazione

Giorgia Meloni in conferenza stampa ha ricordato che “il contrasto ai flussi di immigrazione irregolare per noi rimane un dossier centrale. Nonostante gli sforzi, i numeri delle migrazioni irregolari dalla Libia verso l’Italia sono ancora alti. Gli ingressi irregolari in Italia sono oltre il 50% delle persone che vengono dalla Libia, si devono intensificare gli sforzi in materia di contrasto al traffico e alla tratta di esseri umani, assicurando un trattamento umano alle persone interessate”. In sintesi l’Italia, anche tenendo in sicurezza le installazioni Eni (già presenti nel Paese), aiuterà il Governo libico nel processo di normalizzazione.

Russia e Francia

Attualmente Russia e Francia portano in Libia armi dall’Egitto, che in segreto sogna di conquistare la Cirenaica. Il Paese tornerà in sicurezza solo con una vera e propria stabilizzazione. La Francia è nel ruolo di spettatrice interessata e non possiamo considerarla Paese amico al di fuori dell’Europa. È la stessa Francia che con Nicolas Sarkozy attaccò Gheddafi senza nemmeno avvisarci. Perché? Il funzionario Sidney Blumenthal rivelò che Gheddafi intendeva sostituire il Franco Cfa, utilizzato in 14 ex colonie, con un’altra moneta panafricana. Lo scopo era rendere l’Africa francese indipendente da Parigi: le ex colonie hanno il 65% delle riserve depositate a Parigi. Poi naturalmente sul piatto c’era anche il petrolio della Cirenaica per la Total.<

Il piano Mattei è una strategia geoeconomica atta a darci autonomia energetica, senza la quale è a rischio perfino la permanenza nel G7, o comunque tra le nazioni mondiali più sviluppate. La politica green europea è già fallimentare e con elezioni continentali il prossimo anno è bene che il nostro Governo (questo come i prossimi) stia finalmente capendo che l’Europa è piena di mezzi amici e finti alleati, che vedrebbero felicemente venir meno i nostri interessi diretti in certi scenari. In questo senso, l’accordo con la Libia ha risvolti importantissimi.

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