Un report dell’Ispi evidenzia che in Italia “dal 1° novembre al 6 dicembre, la curva dei consumi di gas per riscaldamento del 2022 resta sempre significativamente più bassa rispetto a quella dei tre anni precedenti”, con un risparmio superiore al 10% sui consumi medi giornalieri.
Contemporaneamente, però, nel periodo che va dal 31 ottobre all’8 dicembre, gli stoccaggi di gas del nostro Paese sono scesi dal 95,32% all’88,6%, mentre nell’Ue sono passati dal 94,3% all’89,41%. E mentre il Ttf continua a rimanere intorno ai 130-140 MW/h, in Europa si cerca ancora un accordo sul price cap e sulle misure per contrastare la crisi energetica. Abbiamo chiesto un commento a Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia.
Cominciamo dal calo degli stoccaggi che in Italia è stato superiore alla media europea. C’è da preoccuparsi?
Questo calo è congiunturale e a livello di stoccaggi in Italia siamo messi relativamente meglio rispetto ad altri Paesi europei. Il vero problema è che stanno per arrivare giorni molto freddi e questo creerà uno stress sul sistema elettrico e di conseguenza anche a quello del gas.
Perché ci sarà uno stress sul sistema elettrico?
Perché quando fa più freddo aumenta la domanda elettrica, anche perché si utilizzano pompe di calore o stufette, e al contempo non si può fare troppo affidamento sull’importazione dalla Francia, visto che i riscaldamenti in quel Paese, che deve già fare i conti con la manutenzione di alcune centrali nucleari, sono sostanzialmente tutti elettrici. Considerando che c’è in Italia minor produzione da fotovoltaico, data la stagione, e anche da eolico, per scarsità di vento, non resterà che ricorrere maggiormente alle centrali a gas.
Il freddo avrà effetti anche sui prezzi del gas, facendo salire il Ttf…
Molto probabilmente sì. C’era qualche speranza che i prezzi si stabilizzassero intorno ai 100 euro MW/h dopo il picco della scorsa estate, ma da un paio di settimane si nota un continuo rialzo. Forse ci siamo un po’ cullati con l’ottobrata e la novembrata dimenticando i problemi. Il freddo ce li ripresenta nell’immediato, ma anche in prospettiva se l’inverno alle porte dovesse essere rigido. Il problema è che il sistema è tiratissimo e basta poco perché ci siano forti oscillazioni in un senso o nell’altro: basterebbe un clima più mite per far scendere i prezzi oppure la decisione russa di interrompere le forniture residue di gas all’Europa per farli schizzare all’insù.
Intanto non vediamo ancora una chiara risposta dell’Europa a questa crisi energetica, nemmeno sul price cap al gas su cui si continua a cercare una quadra.
È davvero molto difficile trovare una quadra e in Europa si continua a discutere di un tema effimero come il price cap sul gas, che al massimo può essere un correttivo, ma non la soluzione al problema. Bisogna prestare attenzione al fatto che queste discussioni non distolgano l’attenzione dalle necessarie azioni sui fondamentali per aumentare l’offerta e/o ridurre la domanda.
Quindi da parte italiana serve più un’azione interna che non una richiesta di intervento europeo?
Bisogna essere innanzitutto consapevoli delle difficoltà che stiamo attraversando e dell’impossibilità di uscirne velocemente. Questo deve portare al massimo impegno per cercare di migliorare la situazione e certamente è importante spingere maggiormente sulle rinnovabili, con la consapevolezza, però, che non possono essere risolutive. Occorrerebbe, quindi, aumentare la capacità di produzione di elettricità con il carbone, allentare temporaneamente le normative ambientali per consentire l’utilizzo di combustibili un po’ più inquinanti che consentano comunque di evitare di restare al freddo o al buio in inverno. E poi accrescere la produzione nazionale di gas e non indugiare nella realizzazione dei rigassificatori. Ma bisogna anche prepararsi a un’eventualità estrema come quella del razionamento: in Germania ne stanno parlando da tempo, anche in Francia e in Gran Bretagna, in Italia invece no. Il che è un po’ strano.
Da questo punto di vista non è cambiato nulla con il nuovo Governo rispetto al precedente.
Esatto. Un po’ perché forse non si vuole creare panico, un po’ perché le strutture governative sono da poco cambiate; o forse perché, speriamo, mi sbaglio io. Staremo a vedere.
Come giudica l’apertura del Governo Meloni a nuove trivellazioni per giacimenti di gas nazionali?
Si ipotizza, purtroppo, un aumento marginale della produzione nazionale. Sembra essere un altro segnale che su questo fronte non possiamo aspettarci molto. Del resto il Governo precedente, che era guidato da uno dei migliori tecnici che potevamo avere in Europa, ha approvato il Pitesai che equivale alla negazione della produzione nazionale di gas.
L’Esecutivo intende colpire gli extraprofitti delle imprese energetiche. Cosa ne pensa?
Vero è che con la dinamica dei prezzi dei mesi scorsi qualcuno ci ha guadagnato, ma è altrettanto vero che negli ultimi anni è mancata una vera politica energetica. Per tanto tempo si è detto che si poteva fare a meno del gas grazie alle rinnovabili, ma ora ci accorgiamo che non ce ne sono abbastanza. Va bene, quindi, cercare una correzione per questi cosiddetti extraprofitti, ma non deve diventare una scusa per la politica per continuare a osteggiare un adeguamento dell’offerta tramite maggiori investimenti nella produzione di gas, piuttosto che nel ritorno al nucleare o nell’aumento delle rinnovabili, con la consapevolezza, però, che l’Italia non è un Paese ventoso e che la capacità di accumulo attuale del fotovoltaico è ancora limitata rispetto alle necessità, e dunque nelle ore di buio l’energia non potrebbe essere garantita.
Importante sarà, quindi, anche realizzare i rigassificatori previsti.
Certo. Credo anche che coloro che si oppongono a queste infrastrutture debbano in qualche modo essere penalizzati, perché non è possibile che tutti siano così contrari a tutto. Sarebbe anche utile andare a vedere come mai non ci sono i rigassificatori che si sarebbero dovuti realizzare negli scorsi anni, come, per esempio, a Montalto di Castro o a Monfalcone. Bisognerebbe far emergere politicamente le responsabilità, se non altro per concludere che il demandare alle autorità locali le politiche energetiche è stato un fallimento totale e che pertanto bisogna che tutte le competenze in questo campo tornino al Governo centrale.
(Lorenzo Torrisi)
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