Il prezzo del gas americano da qualche settimana è sceso sotto i livelli antecedenti alla guerra in Ucraina. La crisi energetica americana è iniziata e finita in 9 mesi. Il merito è di un inverno mite sia negli Stati Uniti che, soprattutto, in Europa e delle abbondanti risorse di gas degli Stati Uniti. La capacità di esportazione di gas americano è stata intaccata sensibilmente da un guasto al terminale di Freeport che potrà ricominciare a esportare solo a febbraio. La crisi del gas europea con i prezzi che a fine agosto battevano qualsiasi record è rimasta in Europa e la limitata capacità di esportazione ha protetto il mercato e i consumatori americani.
Il prezzo del gas europeo rimane doppio rispetto alla media del 2021 dopo una discesa vertiginosa negli ultimi cinque mesi man mano che i consumi crollavano; prima sotto il peso dei prezzi alti e della riduzione dei consumi elettrici, poi sotto la prudenza degli italiani che senza alcuna imposizione tagliavano le ore di accensione dei riscaldamenti per risparmiare e, infine, grazie a un autunno eccezionalmente mite e a un inverno meno freddo della media.
La divaricazione tra prezzi americani ed europei continua e questo sembra dimostrare che le esportazioni americane hanno un effetto limitato sui mercati europei. La lettura è confermata dai prezzi a termine dell’elettricità europei che rimangono alti nonostante il crollo dei prezzi del gas degli ultimi mesi. Significa che gli operatori non hanno visibilità sul mercato energetico europeo che è molto più sensibile ai rischi geopolitici e alle variazioni del clima. L’America può sopperire a fasi complicate del mercato con la produzione interna ed eventualmente può sgonfiare le pressioni interne limitando le esportazioni ed evitando che i prezzi energetici globali abbiano ricadute troppo negativi sui costi domestici. L’Europa si può inventare tetti al prezzo del gas e poi assistere a decisioni “imprevedibili”: ieri l’ente che gestire il prezzo di riferimento del gas europeo, il TTF, ha deciso di aprire un mercato parallelo a Londra in modo da offrire agli operatori contrattazioni che non rischino di incorrere nel tetto al prezzo dell’Unione europea. Il mercato parallelo aprirà il 20 febbraio; cinque giorni dopo l’avvio del sistema che consente all’Unione di imporre un tetto. Gli osservatori senza eccezione si sono chiesti perché mai gli operatori dovrebbero continuare a scegliere la vecchia piattaforma europea invece di quella nuova e quindi accollarsi il rischio politico di un intervento europeo. L’operatore che deve servire il cliente e non può farlo perché il prezzo ha raggiunto il tetto corre un rischio che da ieri è evitabile semplicemente scegliendo il mercato di Londra.
I prezzi del gas scendono, in Europa per le temperature miti e per la riduzione dei consumi imposta dai prezzi. Gli investitori non si fidano fino in fondo né dell’Europa, né della capacità delle esportazioni americane di risolvere il problema. Altrimenti lo “spread” tra prezzi americani e europei si sarebbe chiuso e nessuno sentirebbe la necessità di aprire un mercato parallelo in Europa per tutelarsi da un tetto posizionato al triplo del prezzo attuale. L’unica arma che ha l’Europa, a oggi, per comprimere i prezzi sono i razionamenti; finora sono stati imposti dai prezzi, con consumatori e imprese che hanno volontariamente tagliato i consumi, e dalle temperature. Non sembra una soluzione di “lungo periodo”.
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