Esattamente com’era stato previsto dagli economisti, il 2021 si è chiuso con un rialzo del Pil italiano di circa il 6,3%, a fronte di un calo dell’8% nel 2020. La ripresa dell’economia italiana fa ben sperare e si prevede che anche per il 2022 si manterrà un buon trend di crescita, intorno al 4,7%. Nonostante questi dati positivi, rimangono alcuni nodi che andranno sciolti per capire come si modificherà il mondo del lavoro di domani. 



La scarsità delle materie prime (compresa l’energia) e dei semilavorati, l’aumento dei prezzi e il cambiamento del quadro geopolitico che rischia di compromettere le catene del valore sono fattori da tenere sotto controllo. L’Italia che importa materie prime e le trasforma, tramite un tessuto industriale e manifatturiero composto in gran parte da aziende medio-piccole, rischia di essere fortemente penalizzata da questi cambiamenti.



Materie prime

Per tutto il 2021 tutte le materie prime, senza eccezioni, hanno scarseggiato: dalla pelle al truciolare passando per l’alluminio e le materie plastiche. Le ragioni di questa scarsità sono molteplici: in primo luogo, nel 2020 c’è stato un drastico calo dei consumi che ha rallentato notevolmente i produttori/estrattori di materie prime a cui è seguito un rialzo repentino nel 2021, conseguentemente le scarse scorte stoccate nel corso del 2020 si sono esaurite rapidamente. In secondo luogo, la Cina, cercando di favorire anzitutto il proprio mercato interno, ha fatto incetta delle poche materie prime presenti sul mercato lasciando una situazione di penuria per gli altri players globali. Infine, la pandemia ha messo a dura prova la tenuta del delicato equilibrio su cui si basa la logistica; le navi rimanevano ferme in prossimità dei porti con i container vuoti e di conseguenza i noli marittimi aumentavano circa del 300%. 



Ovviamente alla scarsità delle materie prime si è aggiunta una costante crescita dei prezzi, per un Paese trasformatore come il nostro la difficoltà a reperire sul mercato semilavorati/materie prime è un grosso problema. Si sono verificati casi paradossali di aziende che, pur avendo ordini, hanno dovuto interrompere la produzione in attesa dei fornitori. La poca certezza del prezzo della materia prima non aiuta inoltre a fare preventivi e aumenta il rischio di chiudere accordi commerciali con margini risicati o addirittura sottocosto. L’aumento del costo dell’energia è una voce molto importante tra gli aumenti delle materie prime. La scarsità di gas e l’aumento del costo dell’energia elettrica ha pesato e peserà parecchio su consumatori e produttori. Non è chiaro se e quando la crisi energetica si attenuerà dato che è legata a doppia mandata alle vicende geopolitiche tra Russia, Ucraina, Germania e Stati Uniti.

Fino a oggi, il grosso dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime è stato assorbito dalle aziende. Questa dinamica però non sarà sostenibile a lungo e i prezzi verranno scaricati verso i clienti generando inflazione. Il tasso di inflazione, che si prevede attorno all’1,5%, pare non eccessivo; sicuramente conviene prestare attenzione a un fenomeno che non viviamo da anni e che potrebbe mettere in difficoltà un sistema in lenta ripresa come l’industria italiana.

Taiwan, la situazione geopolitica e le catene globali del valore

La piccola isola al largo delle coste cinesi è la più grande produttrice al mondo di semiconduttori. Si stima che Taiwan produca circa l’80% dei semiconduttori a livello mondiale. I semiconduttori sono componenti necessarie per la produzione di automobili o smartphone. Più in generale qualunque oggetto hi-tech prodotto oggi necessita di semiconduttori per funzionare. Nel 2021 è stato difficile (esattamente come per le materie prime/semilavorati) reperirne una quantità adeguata a sostenere la produzione. Le industrie dell’automotive e della telefonia mobile sono quelle che hanno subito i maggiori ritardi nella produzione nel corso del 2021. Nel 2022 la situazione potrebbe addirittura peggiorare. Taiwan è a oggi una repubblica indipendente dalla Cina, ma, come è successo con Hong Kong, il Governo cinese vorrebbe riannetterla al Celeste impero. Gli Stati Uniti cercheranno di impedirlo, per quanto in loro potere. Queste tensioni geopolitiche (sommate alle tensioni relative al trasporto del gas di cui si è parlato sopra) potrebbero avere ricadute sulla produzione dei semiconduttori. L’Europa sta cercando di correre ai ripari impiantando fabbriche per produrne nel Vecchio continente, anche se questi stabilimenti saranno operativi tra qualche anno. Nel frattempo, ci si interroga come fronteggiare la crisi.

Quanto accade a Taiwan è un chiaro esempio di quella che gli esperti chiamano “regionalizzazione”; ovvero un percorso, geopolitico ed economico, che porta dalla globalizzazione a un duopolio dell’economia mondiale diviso tra Cina e Stati Uniti. La pandemia ha messo in crisi la globalizzazione e le catene globali del valore, velocizzando la regionalizzazione? In realtà pare che le catene globali del valore stiano reggendo e il reshoring sia a oggi un fenomeno sopravvalutato. Molto interessante a proposito un articolo di Dario Di Vico su Linkiesta. È molto importante, per l’economia italiana, che queste catene del valore non vengano meno, dato che le nostre aziende sono molto legate a essa per il proprio funzionamento.

Il 2021 ha visto un intensificarsi di rapporti politico economici tra Francia, Italia e Germania. Il nostro sistema produttivo negli anni si è sempre più legato a queste nazioni, in alcuni casi tramite fusioni/acquisizioni tra aziende italiane e francesi (ad esempio, Luxottica), mentre in altri casi come fornitori di aziende tedesche (si veda il settore automotive). Nel 2021 si è scelto di accelerare questa dinamica cercando di legare sempre di più queste tre grosse economie. In attesa che questo percorso si sviluppi e si consolidi l’economia italiana rimane comunque interdipendente dalle grandi catene del valore, e il corretto funzionamento delle stesse è una condizione necessaria per la nostra prosperità.

Pnrr e la transizione ecologica e digitale

Il Pnrr potrebbe dare un grosso impulso all’economia italiana. Se il processo di digitalizzazione della Pubblica amministrazione venisse portato a termine si eliminerebbe un grosso freno all’industria italiana: l’eccessiva burocrazia. 

La digitalizzazione e la transizione ecologica però riguardano anche, e soprattutto, il settore privato. Le aziende italiane che sapranno cogliere la sfida e riuscire a vincerla saranno quelle che sul mercato continueranno a crescere, chi invece rimane indietro rischia di scomparire.

Parafrasando una famosa frase si potrebbe dire che: “La transizione ecologica non sarà un pranzo di gala”. Ma se istituzioni, corpi intermedi e tessuto produttivo uniranno le forze per giocare e vincere questa partita la nostra economia non potrà che uscirne più rafforzata.

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