L’anno non è iniziato benissimo per le tasche degli italiani. Venuto meno il taglio delle accise che era in vigore da marzo, il pieno di benzina e diesel è aumentato mediamente di oltre 9 euro. E in alcuni distributori si è tornati a superare i 2 euro al litro. Per le bollette del gas è invece appena scattato un aumento del 23,3%, nonostante un recentissimo calo continuo del Ttf. Fortunatamente è arrivato anche un calo del 19,5% delle tariffe dell’elettricità, ma all’orizzonte appaiono già altre nubi. Come ci spiega Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia, infatti, «negli ultimi mesi il costo industriale dei carburanti si è ridotto per via di una diminuzione delle quotazioni del greggio, ma ci sono elementi che fanno pensare che ci sarà un’inversione di tendenza».
Quali?
Se il prezzo del gas non tornerà ai livelli dei mesi scorsi, è facile prevedere che i Paesi produttori vorranno rifarsi facendo aumentare quello del petrolio. Quindi, è verosimile che l’Opec possa rivedere le quote di produzione. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che la Russia ha fatto sapere che da febbraio non venderà petrolio e derivati ai Paesi che applicano il price cap entrato in vigore a dicembre. Ci sarà, pertanto, meno materia prima a disposizione per i Paesi che lo applicano, senza dimenticare che nell’Ue vige già l’embargo per il greggio russo che arriva via nave. Credo che solamente tra febbraio e marzo si potrà avere un’idea più precisa di come andranno le cose.
Il Ttf è tornato sotto i livelli precedenti l’invasione russa dell’Ucraina. Il che fa pensare che l’emergenza relativa al gas sia finita…
Per parlare di emergenza finita bisognerebbe avere una stabilità del prezzo, con oscillazioni contenute in un range di 5-10 punti percentuali, per un periodo di almeno tre mesi. I livelli attuali del Ttf sono il riflesso di una situazione climatica favorevole, di un alto livello di stoccaggi e di consumi industriali in riduzione. Quest’ultimo non è certo un fattore positivo, perché in parte è conseguenza della chiusura definitiva di alcune imprese. E nei prossimi mesi l’Italia potrebbe essere penalizzata dalla situazione delle infrastrutture energetiche.
Dopo la pronuncia del Tar del Lazio del mese scorso sembra però scongiurato lo stop al rigassificatore di Piombino.
Il Tar del Lazio ha sì respinto l’istanza cautelare sospensiva presentata dal Comune, ma ha anche fissato l’udienza pubblica per la trattazione di merito del ricorso all’8 marzo. E il rigassificatore dovrebbe già essere pronto per quella data, anche perché poi andranno effettuati dei collaudi e ad aprile inizieranno ad arrivare i primi carichi di Gnl. Non solo rischiamo di perderli a favore di altri Paesi europei, ma renderemmo evidente al mercato un gap infrastrutturale che porterà l’Italia a nuove difficoltà di approvvigionamento.
I tempi tecnici per la realizzazione dell’infrastruttura sono lunghi?
Il problema non è solo far attraccare la nave in porto, operazione che non penso non verrà ostacolata, ma creare il collegamento alla rete. L’ostruzionismo, lo sappiamo bene in Italia, può creare grossi problemi. Le contestazioni a volte sono più forti delle leggi e determinano rallentamenti significativi come abbiamo visto con la Tav o con il Tap. Solo che nel caso del rigassificatore di Piombino sono sufficienti poche settimane di ritardo per creare una criticità enorme.
Da quello che ha detto sinora, sembra che sul fronte energetico febbraio e marzo saranno dei mesi chiave. Tra l’altro subito dopo verranno meno i sostegni del Governo contro il caro bollette…
Il problema di quei sostegni è che in situazioni di alta volatilità si mostrano insufficienti, perché ci sono imprese e famiglie che non riescono comunque a pagare le bollette. Figuriamoci cosa potrà capitare in loro assenza.
In un periodo in cui, appena finito l’inverno, ci si dovrà muovere per gli approvvigionamenti relativi agli stoccaggi.
È ormai chiaro che l’Europa ha problemi di approvvigionamento e di infrastrutture. E per il riempimento degli stoccaggi la questione chiave è reperire il prodotto. Il fatto è che nei prossimi mesi non ci sarà maggior quantità di gas disponibile. Anzi, con quello che sta succedendo con il Qatargate potrebbe essercene di meno.
Nel frattempo potrebbe esserci anche un aumento della domanda energetica cinese, vista la scelta di abbandonare i lockdown rigidi.
Negli ultimi dieci anni la Cina ha sempre consumato ingenti quantità di petrolio e gas e oggi rappresenta una sorta di assicurazione per la Russia, che saprà dove esportare queste materie prime energetiche nonostante le sanzioni occidentali.
Se i prezzi dell’energia si impenneranno dopo la fine dei sostegni del Governo, c’è il rischio che chiudano altre imprese?
Purtroppo sì. In questi ultimi mesi abbiamo visto anche un aumento del riscorso allo smart working da parte delle aziende per cercare di contenere i costi energetici, quindi se le bollette torneranno a salire sarà difficile far quadrare i conti. Se poi l’estate sarà caratterizzata, come l’anno scorso, da caldo e siccità, potremmo assistere ancora a un’impennata del prezzo del gas dovuta alla necessità di produrre per suo tramite energia elettrica in un periodo di forti consumi per via dei condizionatori. Già oggi ci sono aziende che da un giorno con l’altro chiudono, non oso immaginare cosa potrebbe succedere in quel caso. E non dimentichiamo che i fallimenti possono avere conseguenze anche sui propri clienti.
In che senso?
Se un’azienda deve consegnare un prodotto, ma non ha tutti i componenti necessari perché un suo fornitore è fallito, rischia di dover pagare una penale che può metterla in forte difficoltà dal punto di vista finanziario.
Un’ultima domanda. I livelli attuali del Ttf non sono una “promozione” della strategia europea di contrasto alla crisi energetica?
No. Diciamolo chiaramente, il mercato è ben lontano dal temere il price cap sul gas.
(Lorenzo Torrisi)
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