L’Unione europea e la Norvegia hanno siglato lunedì un’Alleanza verde che prevede una cooperazione privilegiata sull’azione per il clima, sull’energia pulita, sulla trasformazione industriale e sulla tutela dell’ambiente.
Tra le altre cose, Ursula von der Leyen ha ricordato che nei prossimi anni la Norvegia manterrà alti i suoi flussi di gas verso l’Ue, rafforzando, quindi, il suo ruolo di primo fornitore, di fatto acquisito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e la riduzione del gas proveniente dalla Russia. Nel frattempo il Ttf di Amsterdam è sceso nuovamente sotto i 40 euro/MWh. Abbiamo chiesto un commento a Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia.
Come va giudicato questo accordo tra Ue e Norvegia che riguarda anche le forniture di gas?
È certamente positivo, ma non rappresenta nulla di eclatante, non cambia gli equilibri attuali. La Norvegia è il Paese che, tra i nostri vicini, più si è arricchito a causa della guerra. L’Ue avrebbe potuto lavorare per porre un tetto al prezzo delle sue forniture, molto prima di parlare di price cap sul gas russo. Grazie alle enormi entrate, il Paese scandinavo può anche rafforzarsi tra i leader della classifica dell’Indice di sviluppo umano calcolato dalle Nazioni Unite. E non c’è dubbio che rappresenti uno degli esempi più positivi di sfruttamento degli idrocarburi.
Grazie anche alla sua posizione geografica…
Sì, indubbiamente il Mare del Nord è ricco di gas, ma anche l’Italia avrebbe a disposizione giacimenti da sfruttare ed è un peccato che non faccia come la Norvegia nonostante molte aziende italiane lavorino per il Paese scandinavo. Lo stesso discorso vale anche per l’Olanda: è una piccola tragedia europea, l’Ue è assetata di gas e principalmente va a cercarlo fuori dai suoi confini.
Dov’è che potrebbe prenderlo al suo interno?
Nell’Ue storicamente queste risorse le hanno soprattutto due Paesi: l’Olanda e l’Italia. Purtroppo se 15 anni produceva 70 miliardi di metri cubi di gas l’anno, ora l’Olanda punta a scendere verso lo zero. L’Italia, invece, ha avuto un massimo di 21 e adesso è inchiodata a 3, nonostante un Governo che ha varato un provvedimento per cercare di aumentare la produzione nazionale. Per fare un paragone, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina la Norvegia ha portato la sua produzione annua da 78 a 90 miliardi di metri cubi di gas.
Intanto il Ttf è tornato sotto i 40 euro MW/h. Cosa ne pensa?
È stata bucata una soglia di supporto che ha tenuto per settimane. Credo sia importante, in ogni caso, ricordare due cose. La prima è che ad agosto del 2021, prima dello scoppio della crisi energetica, non della guerra, il Ttf era a 20 euro MW/h. La seconda, più importante della prima, è che negli Stati Uniti il prezzo è pari circa a 6 euro/MWh. In Europa, quindi, attualmente il gas costa circa sette volte più che negli Usa.
Nei giorni scorsi l’Arera ha fatto sapere che si prevede un rialzo delle bollette nel terzo e nel quarto trimestre dell’anno. Vuol dire, quindi, che questo ribasso del Ttf è solo temporaneo?
Le stime dell’Arera riflettono le aspettative degli operatori di mercato. Non è detto che sicuramente ci saranno dei rialzi, anche perché solo sei mesi fa nessuno avrebbe scommesso che si sarebbe arrivati a prezzi così bassi. Pertanto domina l’incertezza: ci sono dei fattori che potrebbero portare ad aumenti e altri che, invece, fanno pensare a ribassi.
I fattori che possono portare a rialzi sono facilmente immaginabili, anche perché alcuni (siccità, riempimento degli stoccaggi) si sono visti anche l’anno scorso. Quali sono, invece, quelli che potrebbero portare a prezzi più bassi?
Principalmente un forte rallentamento dell’economia globale. Soprattutto se dovesse frenare la Cina la domanda di gas potrebbe scendere davvero di molto. Ovviamente anche la realizzazione di nuovi rigassificatori in Europa potrebbe far calare il prezzo, ma per questo occorre del tempo.
(Lorenzo Torrisi)
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