L’Ue sospenderà il Patto di stabilità nel 2023, permettendo extradeficit agli Stati per mitigare i molteplici shock di questo periodo. Ma per l’Italia sarebbe una buona notizia solo se l’Ue attivasse uno scudo per evitare picchi al costo di rifinanziamento del già enorme debito italiano e quindi meno spazio per deficit d’emergenza. Al riguardo ci sono studi, ma non ancora notizie. Con il problema di una Bce indecisa se attivare o meno strumenti di sostegno e più incline a una stretta monetaria che, se pur graduale e necessaria per scopi di disinflazione, sarà un fattore di rallentamento dell’economia. Al punto da innescare una recessione?
C’è una mezza buona notizia relativa agli andamenti espansivi di alcuni settori dell’economia italiana, mentre altri sono in situazione critica, che rendono improbabile il caso peggiore. Buona è l’attivazione dell’Ue per creare una logistica che permetta all’Ucraina di esportare materiali agricoli e altri critici nonostante il blocco russo, riducendo la scarsità di questi beni. Promettente è la bozza del programma RePowerEu che fissa il percorso del distacco dal gas russo, con enfasi sull’accelerazione della messa in opera di più energie rinnovabili, ma anche su più infrastrutture per il trasporto di gas, nonché petrolio (per le nazioni dell’Est europeo senza sbocco sul mare), tra cui i rigassificatori.
I soldi? Dovrebbero arrivare da una rimodulazione del Recovery Fund e da un riorientamento dei fondi strutturali. Ciò dovrebbe portare in Italia un aggiornamento del Pnrr e ad aggiunte.
Chi scrive osserva che questa apertura realistica dell’Ue ai carburanti fossili cambia di fatto la limitazione degli stessi com’era finora previsto e porta a ipotizzare che il loro ciclo sarà pluridecennale, motivo per tornare a investire su gas e carburanti innovativi (bio e sintetici) e, forse, per evitare la ghigliottina ai motori termici, misura richiesta a gran voce e con quasi disperazione dall’industria italiana della mobilità. In particolare, ora i limiti del programma di sfruttamento dei giacimenti di gas nel perimetro italiano (Pitesai) sembrano eccessivi in relazione all’apertura dell’Ue per avere e far circolare più gas.
Per chi scrive ciò significa la possibilità di produrre nazionalmente circa 10 miliardi di metri cubi di gas anno (in 24 mesi) invece dei circa 3,5 autolimitati attuali, considerando che l’Italia “galleggia” su un’enorme bolla di gas e petrolio e che le nuove tecnologie rendono le estrazioni ecosicure. Sarebbe un’ottima notizia se Roma si muovesse in questa direzione.