Per la prima volta dopo 80 giorni dall’invasione russa dei territori dell’Ucraina assistiamo al mancato adempimento contrattuale da parte del gestore della rete di trasporto di gas ucraino. Invocando la causa di forza maggiore, la società GTsoU ha annunciato l’interruzione del flusso di gas della rotta ucraina alla stazione di transito di Sokhranivka, nella regione di Luhansk che Mosca ha riconosciuto come Repubblica indipendente subito prima di invadere l’Ucraina. L’infrastruttura è stata danneggiata dai combattimenti in corso nell’area e che impediscono alle squadre tecniche di ripararla, assicurando di incrementare invece il flusso in transito da Sudzha, altro punto di ingresso. 



Secondo le informazioni riportate dalla stampa, si tratterebbe di un terzo delle forniture, mentre secondo le ricostruzioni degli addetti ai lavori, per il tramite dell’hub Sokhranivka transiterebbe circa il 10-12% dei flussi diretti verso l’Ue. Nella giornata di mercoledì si è registrata una flessione dei flussi fisici di circa il 35% in ingresso a Tarvisio, uno dei punti di entrata dei sei metanodotti che convogliano il gas importato in Italia; il sistema è comunque bilanciato dal maggior afflusso vicino ai limiti tecnici al punto d’ingresso di Passo Gries, dove il gasdotto che trasporta il gas proveniente da Norvegia e Olanda s’interconnette con la rete nazionale. Quindi, grazie anche alla compensazione con maggiori prelievi sulla rotta col Nord Europa, è possibile mantenere i tassi di riempimento degli stoccaggi ai ritmi elevati degli ultimi giorni. Siamo perciò lontani dall’allarme di livello di guardia paventato dai media. 



La stretta si vede allora sul versante dei prezzi? Neppure. All’apertura della borsa europea del gas TTF nel primo giorno di chiusura di Sokhranivka, le quotazioni sono rimbalzate del 6,4%, ma nel corso nella giornata i prezzi si sono livellati sotto la soglia psicologica dei 100 euro, stabilizzandosi intorno 95€/MWh (erano 93 il giorno precedente).

Il gas russo raggiunge l’Europa attraverso tre rotte. Quella ucraina e quella tedesca (con il gasdotto Nord Stream 1 via Mar Baltico) hanno visto rimanere i flussi stabili da prima della guerra. Per quanto riguarda il gasdotto Yamal, via Bielorussia e Polonia, da dicembre è sostanzialmente fermo, per assenza di richiesta. A queste tre rotte si aggiunge il TurkStream che punta verso i Balcani attraverso il Mar Nero e la Turchia. Nel 2021 l’Europa ha importato dalla Russia circa un 40% del suo fabbisogno di gas. 



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