Guerra in Ucraina, gas e Russia sono le parole più cliccate dagli italiani nel mese di marzo 2022: subito dopo arrivano energia, nucleare e transizione ecologica.

Dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1945, l’apparato industriale italiano venne convertito (grazie anche ai denari del piano d’aiuto Usa) e portò il Paese in 15 anni al boom economico. A quel tempo, persone come Enrico Mattei (e poi Aldo Moro) capirono gli asset strategici del Paese e lavorarono (perdendo la vita) per l’autonomia economica italiana. Anche il poeta poliedrico Pier Paolo Pasolini con il suo Petrolio tentò di scoperchiare il Vaso di Pandora, ovvero architettò una disperata denuncia (non compresa a fondo, se non da Oriana Fallaci, che maneggiò il tutto con estrema cura) che non trovò però sponde.



“È un romanzo, ma non è scritto come sono scritti i romanzi veri: la sua lingua è quella che si adopera per la saggistica, per certi articoli giornalistici, per le recensioni, per le lettere private o anche per la poesia…”. Scrisse questo Pier Paolo Pasolini ad Alberto Moravia per sintetizzare “Petrolio”, che cela le trame (romanzate, ma basate su fatti che il poeta conosceva) che portarono di fatto l’Eni di Mattei in acque sporche.



Enrico Mattei fu incaricato dagli Usa di sciogliere l’Agip, invece creò l’Eni e ci fece un regalo pazzesco: Italia competitiva a livello energetico, con l’obiettivo dell’autonomia. Il disegno di Mattei fu ripreso da Aldo Moro, che tentò una via di compromesso con il Pci (che Berlinguer cercò di staccare dal Pcus, rischiando in prima persona) per dare al Paese una vera autonomia energetica e non solo. Bettino Craxi raccolse il testimone e tentò di portare l’Italia fuori da certe paludi, puntando su accordi bilaterali e investimenti pubblici con recupero della nostra classe imprenditoriale (Enimont spaventò gli americani: la chimica per l’agricoltura non avrebbe avuto eguali al mondo).



Tutto questo venne osteggiato, i protagonisti finirono male, si salvò praticamente solo Oriana Fallaci (che conosceva il vero contenuto di Petrolio e tentò in ogni modo, rischiando, di farne uscire “il senso”). Lo stesso Berlinguer rischiò d’essere ucciso in Bulgaria, di Aldo Moro sappiamo come è finito, stessa sorte per Enrico Mattei (incidente aereo). Pier Paolo Pasolini fu ucciso in circostanze strane (e sempre dopo il caso Petrolio), anche Bettino Craxi fu ostracizzato e pure Oriana Fallaci paga tutt’ora una duratura e folle “damnatio”.

In sintesi, all’Italia fu impedito di creare una propria autonomia energetica. Nel nostro Paese il nucleare fu affrontato ideologicamente, ma l’Italia mantenne gli asset con Ansaldo Nucleare, di fatto formando ingegneri di primissimo piano. Nel dibattito l’energia nucleare è tornata al centro ed Eni ha colto la palla al balzo, puntando sulla ricerca e arrivando a risultati di un certo peso. L’Italia è l’unico Paese ad aver espresso una posizione netta al riguardo con il referendum del 1987 dopo la tragedia di Chernobyl.

Non è più il 1987 e gli italiani devono sapere che il loro Paese è all’avanguardia a livello globale nel campo della tecnologia nucleare. Oggi siamo al nucleare di terza generazione avanzata. Il nuovo nucleare ha una sicurezza tale da bloccare incidenti sul nascere senza bisogno dell’intervento umano, oltre a una forte riduzione delle scorie, e soprattutto non si utilizza più lo scarto per produrre bombe.

Reattori da 4-500 MW sono più piccoli, contenuti e più sicuri. I reattori di piccola taglia sono supportati da un acceleratore che si “stacca” in caso di incidente e blocca il reattore stesso, una tecnologia che tra dieci anni potrà immettere energia in rete. La fissione ad oggi è conosciuta e porterà a produrre energia in 10-15 anni a seconda della potenza richiesta. Il nucleare è l’energia che meno costa dopo il carbone, detiene infatti il costo più basso di produzione, dallo stoccaggio allo smaltimento dei rifiuti radioattivi, non ha però l’impatto del carbone sull’ambiente.

l’Italia ha pagato un prezzo enorme per le proprie centrali, il cui costo di dismissione ha pesato sulla testa dei cittadini, per giunta senza aver mai completato il ciclo vita delle stesse. I guadagni del nucleare sono spalmati sui 50 anni di media per reattore, contando che la loro vita è stimata ben oltre. Non esistono infatti reattori spenti dopo il mezzo secolo. Un reattore di ultima generazione può arrivare a circa 70 anni e la gestione statale aiuterebbe a rientrare nei costi.

Questa potrebbe essere la soluzione a una parallela e vera transizione energetica “verde”. È stimato che l’Italia possa raggiungere un 70% di autonomia energetica con le rinnovabili, dovrebbe però acquistare dall’estero il restante 30%, mettendo sempre a rischio asset produttivi del Paese.

Attualmente la fusione rappresenta quell’uovo di Colombo che andrebbe a rivoluzionare il mercato. L’obiettivo è ancora lontano, ma colossi come Eni ci stanno lavorando. Nel frattempo, però, a Paesi come l’Italia converrebbe iniziare a costruire centrali che vadano a coprire e tamponare il periodo che intercorre fino a fusione e rinnovabili (come il solare, ad esempio).

Nel mentre sarà compito dei governi trovare accordi bilaterali che non ci facciano dipendere da un solo attore, perché la filiera industriale italiana, la settima al mondo, non se lo può permettere, come aveva già compreso Enrico Mattei. Forse sarebbe ora di cogliere nuovamente la sfida.

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