Il prezzo del gas in Europa dopo settimane di continui rialzi negli ultimi due giorni si è sgonfiato rimanendo comunque a livelli dieci volte superiori a quelli di un anno fa. La notizia dell’arrivo di alcune navi di gas americano è stata la scusa per prendere profitto, ma il gas estratto negli Stati Uniti non potrà mai essere la soluzione ai problemi europei sia per una questione di capacità che di prezzo.
Le importazioni di gas europee sono molto superiori all’intera capacità di esportazione di gas americana che ovviamente serve anche altre regioni. È una condizione che non può cambiare nel breve-medio periodo. Gli impianti di rigassificazione che convertono il gas liquido che arriva sulle navi per immetterlo in rete richiedono investimenti che possono essere affrontati da molti operatori; al contrario, gli impianti di liquefazione necessari per esportare la materia prima richiedono investimenti colossali che anche le società energetiche più grandi al mondo ponderano con molta attenzione. Sono investimenti da molti miliardi di euro che oltretutto presuppongono che la materia prima da importare abbia un prezzo inferiore a quella dei mercati di esportazione per un lungo periodo. Infine, l’attuale Amministrazione Biden ha dato una stretta all’estrazione di idrocarburi; il gas americano non potrà mai essere la soluzione ai problemi europei per un mero fatto di capacità.
C’è un secondo ordine di problemi ed è quello che riguarda il prezzo. Trasportare via mare il gas è molto più costoso di una conduttura, soprattutto se questa rimane “a terra”. Il gas americano non è strutturalmente competitivo con quello russo. Oltretutto i prezzi che vediamo oggi sul mercato nordamericano riflettono una stagionalità anomala perché le temperature sono state miti a differenza che in Europa. Sono prezzi che non incentivano gli operatori a produrre di più.
Il gas americano può solo essere una soluzione temporanea in presenza di circostanze eccezionali, ma non potrà mai essere la soluzione al problema dell’approvvigionamento di gas europeo.
Il Primo ministro italiano questa settimana ha fatto due dichiarazioni sul tema gas che meritano di essere sottolineate. La prima è che per l’Europa non è il momento di imporre sanzioni alla Russia che riguardino il gas, che oltretutto Bruxelles non avrebbe la capacità di imporre. La seconda è che per risolvere il problema bisogna lavorare anche a “livello nazionale”. Sono due dichiarazioni che testimoniano un grande realismo anche rispetto a una certa retorica che invece non vede, fa finta di non vedere oppure, ancora peggio, è indifferente a quanto sta maturando in moltissimi settori industriali.
Infatti, senza un’inversione sui prezzi repentina e rilevante nelle prossime settimane assisteremo a diffuse fermate di fabbriche e produzioni con un impatto occupazionale significativo. In queste condizioni qualsiasi discussione su un proseguimento della ripresa è impossibile. Che il problema sia grave e urgente si evince, tra l’altro, dalle dichiarazioni del ministro Cingolani sulla necessità di aumentare la produzione di gas nazionale che negli ultimi 20 anni, complice la follia green, è crollata a 4,5 miliardi di metri cubi dai 20 del 2000. Tornare a questi livelli, a differenza del gas americano, potrebbe essere uno dei pilastri di una soluzione “vera”.
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