Una marea di effetti speciali e di panzane squinternate che nulla hanno a che vedere con la scienza, tantomeno con la realtà. Una marea più pericolosa di quella che sta minacciando le coste della Louisiana: quella delle bugie di alcuni ecologisti e maitres-à-penser dell’ambientalismo mondiale.
Lo scandalo del Climagate non va dimenticato. E neppure quella grottesca combriccola con laurea in taroccamento beccata a manipolare i dati sul riscaldamento globale. Sbugiardati con riprovazione, scoperti a taroccare cifre e previsioni, gli scienziati pinocchioni e surriscaldati continuano però imperterriti a propalare le loro squinternate profezie.
Tutti i santi giorni, pure quelli dove piove, nevica e fa un freddo cane, ci terrorizzano annunciando che la fine del mondo è vicina e che la maggior parte di piante, animali e umani finirà bruciata viva, come le streghe di Salem. Quella sopravvissuta alla colata solare, annasperà fino ad annegare nelle acque degli oceani e dei mari che, per effetto del disgelo dei Poli, sommergerà le città.
Ecco dove porta l’insana alleanza tra l’industria del petrolio e i suoi sedicenti oppositori.
Le orecchie del principe Filippo
Si sa, la bugia sta agli ecologisti come le lunghe orecchie agli asini. A proposito di quadrupedi, ricordate il principe Filippo di Edimburgo? Lasciò basito il mondo quando, qualche anno fa, dichiarò: “Se rinascessi vorrei essere un virus letale per eliminare la sovrappopolazione, la crescita dell’uomo è la più grave minaccia per il Pianeta”.
Sua maestà è fondatore e presidente emerito del Wwf e questo dice quanto amore abbia per la specie umana il Filippo coronato. Ripassiamo insieme la storia di questa nobile organizzazione che per prima si pose lo scopo e si diede lo sfizio di salvare il mondo. A fondare l’organizzazione dei Panda, c’erano tutti i campioni dell’antioccidentalismo da salotto come il principe Bernardo d’Olanda, il principe Nicola Caracciolo, la contessa Giulia Maria Crespi e il duca Amedeo d’Aosta, di note simpatie no global.
Del resto, quanto a umorismo, il buon Filippo non scherza, se si pensa che proprio nel momento in cui partecipava alla fondazione del Wwf nel 1961, si fece fotografare insieme alla famiglia reale accanto a una tigre appena uccisa a fucilate (la foto è disponibile su internet). Qualche anno dopo, Carlo, il principe buontempone di Galles, rialzò il naso da pinocchio dei Windors con questa altra clamorosa balla: “Ci restano 18 mesi per fermare lo sfascio del pianeta”. Bene, allora il buon Dio ci deve aver concesso una proroga, perché quando il principe disse la sua scemenza era il 17 maggio del 2008. Vabbè, la fine del mondo è rinviata.
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Da Bhopal a l’Icmesa
Non così è stato invece per quei 30mila poveri indiani che a Bhopal, nel 1984, vennero uccisi avvelenati dalla nube tossica della Union Carbide, un’industria americana che produceva pesticidi. Sono passati 26 anni, ma pochi lo ricordano. Così come pochi sanno che il responsabile per il settore ambiente, salute e sicurezza della Union al tempo del disastro era un certo Russel Train, uno degli ambientalisti più premiati al mondo.
Cofondatore nel 1961 del Wwf, nel 1977 ne ha ricoperto la carica di Presidente. Train si è più volte pronunciato a favore della riduzione della popolazione dei Paesi in via di Sviluppo. Intervistato sul disastro di Bhopal, Russel Train rispose che: «la Union Carbide ha un programma ambientale ottimo».
Ma mister Train non è stato l’unico a aver la doppia tessera: inquinatore e militante per l’ambiente. Restando nel Wwf, scopriamo che sono tanti gli uomini d’affari ai vertici. Tre direttori e 7 membri del Consiglio Nazionale del Wwf figuravano anche come direttori in dieci compagnie che comparivano in Toxic 500, l’elenco delle industrie più inquinanti del Paese elencate dal governo americano nel 1997.
Qualche nome di questi capitalisti con il pollice verde? Eccoli: il pakistano Syed Babar Alì, presidente della Packages Ltd., Sir John A. Anderson, direttore della National Bank della Nuova Zelanda, e tanti altri manager di grandi corporation tra i quali non possiamo non menzionare il vice presidente Emerito del Wwf International Luc Hoffman, già direttore della ditta farmaceutica svizzera Hoffman-La Roche, la multinazionale proprietaria dell’impianto chimico dell’Icmesa di Seveso, nel quale il 10 luglio del 1970 un’esplosione produsse una nube di diossina che investì la zona circostante.
Amici delle tigri, nemici dell’uomo
E lo stesso vale per Eugene Mc Brayer, anch’egli presidente del Wwf America statunitense e della Exxon Chemical, proprietaria della nave Exxon Valdez, che nel 1990 riversò in mare 40 milioni di tonnellate di greggio, che avvelenarono 36000 uccelli migratori e contaminarono 1600 chilometri di costa.
Del resto, l’organizzazione, per foraggiare le cause della conservazione ambientale, deve sempre di più stringere accordi coi ministri economici e dell’ambiente dei Paesi del Terzo Mondo che controllano importanti mercati e risorse di cui gli industriali hanno disperato bisogno.
I finanziamenti totali per le associazioni che si occupano di tutela dell’ambiente negli Stati Uniti si stima siano di circa 4 miliardi di dollari annui, la sola Greenpeace nel 2000 ebbe un totale di oltre 23 milioni di dollari di finanziamenti. E sono proprio i documenti ufficiali di Greenpeace a chiarirci che multinazionali come Exxon (della famiglia Rockefeller) e General Electric erano pronti a finanziare con 100 milioni di dollari progetti innovativi per “sistemi tecnologici commercialmente vantaggiosi per la distribuzione e l’uso dell’energia capaci di ridurre in modo sostanziale le emissioni di gas serra”.
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Sotto l’ombrello del Rockefeller Family Fund, 200 fondazioni hanno costituito l’Associazione dei Finanziatori dell’Ambiente: donano centinaia di milioni di dollari ogni anno ai gruppi ambientalisti. Earth Charter, il libro scritto da Steven Rockefeller (figlio di Nelson Aldrich Rockefeller, ex vice presidente degli Stati Uniti, e fa parte della quarta generazione della celebre famiglia Rockefeller) costituisce la bibbia new age con i Dieci Comandamenti della “Religione Verde”. La verità è che le grandi compagnie petrolifere sono controllate dalle stesse persone che finanziano i movimenti ambientalisti attraverso fondazioni esenti da tasse.
Beh, se questi sono i padri dell’ambientalismo, figuriamoci i figli. Dalla caccia alle tigri e agli orsi, sono passati a quella agli uomini. Qui sta il punto: per gli ecologisti il mondo naturale è in guerra con quello degli umani e questo tipo di approccio culturale invita a diffidare di ogni opera che sia creazione del lavoro e dell’ingegno degli uomini. Qualcuno ha definito questa cultura e questa politica: “eco-imperialismo”. E a buon ragione dato che 2 miliardi di persone vivono senza elettricità e le associazioni ambientaliste si oppongono alla costruzione di dighe e centrali elettriche. Qualcuno ci salvi, e con noi la Terra, da gente così.
(2. fine)