Lo sapevate? Il sentimento antimafia non è proprietà dei piazzaioli della sinistra, dei ragazzi travestiti da alberi di Falcone e delle sgarruppate truppe santoriane e travagliesche. Il povero Sciascia si rassegni: basta con i disfattisti anti-Gomorra, i professionisti dell’anti-antimafia, gli Emili Fede che come Fantozzi urlano liberatoriamente che la Corazzata Savianoskij è una grande stronzata.

No: il sentimento antimafia è anche di destra, Saviano è patrimonio di tutti e andrebbe protetto dall’Unesco come le Cinque Terre e il best seller sulla camorra dovrebbe entrare nell’olimpo dei capolavori di casa Pound, come Le Voyage di Celine e L’Opium des intellectuels di Raymond Aron. Insomma, se qualcuno da quelle parti pensava di festeggiare il solstizio d’estate a colpi di lupara si dia subito una regolata: la destra anti-Gomorra non è quella vera, genuina e fatta a mano. Anzi, d’oggi in poi siamo tutti savianesi. Lo assicurano i migliori cervelli della “rive droite” all’italiana: da Pierangelo Buttafuoco a Marcello Veneziani. Fino alla sorprendente coppia Facci & Socci (lo strano cristiano con il guru del famolo strano) apparsa in formazione chiodata l’altro giorno su Libero per rivendicare la legittimità del culto savianese a combattere e far fuori “il tumore mafioso”.

Notiziona davvero. Di più: una spugnata acida da mastro Lindo che d’un tratto cancella anni di contundenti elzeviri in Terza pagina, migliaia di righe per dire che quello non facesse l’eroe e se il Belpaese gli stava stretto se ne andasse pure a San Marino. Fino all’accusa più sanguinosa: fare i soldi grazie a Berlusconi e alla Mondadori.

Ecco dove è arrivata la querelle politico-letteraria che agita l’Italia: chi è davvero mister Saviano? È di destra, come lo champagne e le ostriche, oppure di sinistra, come il lambrusco e la piadina? È bastata una delle solite intemerate di Emilio Fede (come siamo caduti in alto) per riaccendere il dibattito e stanare i bastian contrari della destra letteraria e radical shock. Saviano? Un altro eroe regalato gratis alla sinistra, come solo quegli imbecillotti di berluscones sanno fare. Fino all’azzardo sacrilego di paragonare lo scrittore di Casal di Principe ai grandi spiriti liberi e ribelli, come “Salamov e Solženicyn che lottarono contro l’impero delle menzogna comunista” (Facci & Socci, Libero 11 maggio 2010).

Roba da vergognarsi come ladri, noi che consideravamo il savianese come la versione placidiana (nel senso della Piovra) del sinistrese. Macché: ci siamo cascati come fessi, ma l’avevamo letto, care penne destre, sui vostri giornali, mica chissà dove.

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Vabbè, invece che il samizdat, Saviano usa normalmente La Repubblica o L’Espresso (che lo vorrebbero come capo del Pd) per le sue coraggiose denunce, ma tant’è: lui naviga sulle corazzate debenedettiane anche per dire male del centrosinistra e mica solo per insultare il governo (tranne Maroni, ça va sans dire). Alla stregua di Mattei con i partiti: li usava come il taxi, pronto a scendere una volta arrivato alla meta.

 

Dunque, contrordine amici e camerati e segnatevi questa: Roberto Saviano è un “talento straordinario che in questa rivolta morale ha scommesso la sua vita fin da principio”. E che adesso, a soli 31 anni, “deve vivere da fuggiasco, superblindato, senza una vita privata. Merita il rispetto di chi sta con il culo al caldo” (così parlarono Facci & Socci, ibidem). Giusto, ma chissà dove tenevano loro il culo in questi due anni quando i giornali del centrodestra sparavano a raffica il Solženicyn campano.

La peppa, perché tale folgorazione sulla via di Gomorra? Meglio tardi che mai, come diceva il compianto maestro Manzi o che altro? Non dite che è merito di Fede che vi ha stanato e scosso dal vostro imperdonabile torpore. Fareste un altro torto allo stralunato Emilio.

 

Ma no, l’innamoramento non è mica di oggi, almeno da parte di Pierangelo Buttafuoco. Lui non ha cambiato idea. Memorabile l’intervista che fece a Saviano per Panorama: lì Buttafuoco svelò l’indicibile, il segreto scandaloso del romanziere anti guappi. “Non mi sogno di rinnegarlo, anzi. Leggo spesso persino Julius Evola, che mi avrebbe considerato un inferiore…”, confessò Saviano a Pietrangelo. Aggiungendo di aver un debole per “Ernst Jünger, Ezra Pound, Louis-Ferdinand Céline, Carl Schmitt”, e di aver sempre “fatto riferimento alla tradizione che fu della destra antimafia in cui si riconosceva Paolo Borsellino”. Insomma, promosso per acclamazione e alzata di mani (quelle destre).

 

In realtà, Saviano fu già beatificato da Farefuturo come “pensatore di destra”, in virtù di una visione eroica della lotta per la legalità, senza “sociologismi né ideologismi” e, soprattutto, “in forza di un individualismo oltre gli intruppamenti che lo avvicinava a personaggi come Nazim Hikmet o Reinaldo Arenas, lo scrittore gay perseguitato nella Cuba di Castro”. E non sarà mica un caso se l’altro giorno pure Gianfranco Fini s’è iscritto al club di Gomorra. Vera destra pure quella del presidente della Camera?

 

Basta così, ci avete convinto cari Buttafuoco, Facci & Socci: Saviano, oltre che bravo nella scrittura, è anche bello e buono politicamente. Ci resta solo un rimpianto per il tempo perduto, lo stesso che il magnifico Enzo Jannacci, nella sua celebre canzone, ripeteva nel ritornello: “Se me lo dicevi prima…”