Dice bene il cardinale Angelo Bagnasco, capo dei vescovi e buon profeta delle sorti italiane. Avanti così e il nostro Belpaese non avrà più una culla occupata, i soli bimbi che verranno al mondo voleranno sulle ali di cicogne extracomunitarie.

“L’Italia sta andando verso un lento suicidio demografico”, ha detto il cardinale ai colleghi e monsignori basiti della Conferenza episcopale italiana, ma sua eminenza sa quel che dice e i dati son lì a dargli ragione: più del 50% delle famiglie è senza figli, la metà ne ha uno solo, il resto due e solo il 5,1% tre o più. E ancora: quelle famiglie che ancora resistono e insistono a fare figli rischiano di finire sotto i ponti. La mano del Fisco già non è leggera con i contribuenti, ma con le famiglie ci va con la potenza di un maglio.

 “Urge una politica che sia orientata ai figli”, ha avvertito Bagnasco, “a cominciare dal quoziente familiare”. Ben detto: questa è la vera rivoluzione fiscale che milioni di famiglie italiane stanno aspettando. Per ora è solo un sogno, una bella speranza affidata all’immaginazione. Provate a ipotizzare qual è la somma che lo Stato vi deve per averlo fatto risparmiare durante il mese. Perché accudite in casa un anziano invece di spedirlo in un ospizio pubblico a carico del Comune, vi siete preso in affido un bambino mandato dalle assistenti sociali, avete costituito un asilo di condominio insieme ad altre famiglie. E infine, pagate due volte le tasse perché avete iscritto un figlio alla scuola parificata.

Ecco, stessero così le cose, questa povera Italia sarebbe certo meno propensa al suicidio demografico. Eppure, nonostante la desolazione generale, qualcosa si muove e c’è qualcuno che a questa eutanasia della famiglia si sta concretamente opponendo. È una pattuglia di sindaci italiani, cinquanta, che giusto la scorsa settimana hanno firmato un patto che assomiglia tanto a quello invocato dal capo dei vescovi.

Da Roma a Bari, da Varese a Trapani, e in rappresentanza di giunte di vario colore politico (destra, centro, sinistra) sono si sono radunati a Parma per siglare un importante accordo. Un patto bipartisan che riguarda la famiglia e la promessa di riformare la fiscalità a suo favore. Si chiama “Network italiano di città per la famiglia” ed è stato promosso dal sindaco di Parma, Pietro Vignali (Pdl) di Varese, Attilio Fontana (Lega) e Bari, Michele Emiliano (Pd). Tra i programmi a sostegno delle famiglie, c’è pure l’introduzione del quoziente fiscale, un nuovo sistema per calcolare detrazioni e contributi.

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La città di Parma è stata la prima in Italia ad applicarlo ribattezzato appunto “quoziente Parma”. Già, un marchio sociale che nelle speranze di Vignali dovrebbe diventare sinonimo di eccellenza e qualità. Come il parmigiano e il prosciutto crudo. Nel desolante panorama nazionale dove il governo spende solo lo 0,7% del Pil, Parma si piazza al secondo posto nella classifica della città che spende più soldi per il sociale (377 euro pro capite, la prima è Modena con 407). Per le Regioni, invece, il primo posto è del Friuli, seguito da Emilia Romagna, Sardegna e Lombardia.

 

Cos’è il quoziente familiare? In sintesi, è un nuovo modo di esercitare la fiscalità, evitando che questa si accanisca contro i soggetti primari della società e del suo sviluppo. A cominciare dalla famiglia, luogo di protezione ed educazione di ogni singola persona. Nel concreto, il quoziente è uno strumento che misura lo stato di salute economico delle famiglie e lo segnala all’amministrazione: prende in esame i componenti, il numero dei figli (ogni figlio riduce la capacità contributiva del 25%), la condizione lavorativa dei genitori, i parenti a carico, la presenza di persone disabili.

 

A tutte queste variabili si assegna un punteggio che sommato fornirà appunto la situazione della famiglia. I punti sono più “pesanti” di quelli già previsti dall’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente). Ad esempio, quanto più saranno numerosi i componenti, i figli naturali o affidati a carico, il tipo di lavoro del capofamiglia, ecc., tanto più questi incideranno sul dato finale riducendo l’Isee.

Questo nuovo sistema di misurazione dello stato sociale delle famiglie valuta la situazione “caso per caso”, senza le sperequazioni dei vecchi scaglioni: qui sta la grande novità del “Quoziente Parma”. Le famiglie così “pesate” potranno poi avere sconti diversificati e agevolazioni sulle tariffe e un diverso modo di accesso ai servizi forniti dal Comune: asili, nidi, servizi socio-assistenziali, tassa sulla raccolta rifiuti, ecc. Insomma, un circolo virtuoso a favore dei cittadini e delle famiglie che più hanno bisogno del sostegno pubblico. Il progetto, iniziato lo scorso anni, proseguirà fino al 2011 con un impegno di spesa che supera i 3 milioni di euro.

Magnifico, non vi pare? Almeno così è parso a quei 50 sindaci che hanno costituto il Network per la famiglia: oltre a Roma, Parma, Bari e Varese, nella lista ci sono Rimini, Viterbo, Ascoli, Trapani, Imperia e tanti altri. Insomma una bella rete politicamente variopinta e stesa sull’Italia come le macchie del leopardo.

 

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Chi partecipa al Network si impegna a: 1) una fiscalità a misura di famiglia, 2) scelte e programmi “family friendly”, 3) sostenere il privato sociale e il suo ruolo sussidiario del welfare locale. Mica poco: se davvero questi 50 Comuni seguiranno il modello Parma, daranno una mano ad avvicinare il nostro Paese alla Francia, dove un lavoratore dipendente con 36,5 mila euro di reddito, una moglie e 4 figli a carico è completamente esentasse.

 

Da noi, invece, il valore dei figlioli, mantenuti magari fino alla laurea, non è neppure pari a quello riconosciuto per la rottamazione dello scooterino.