Non ha usato i toni un po’ sanguinolenti e da buttero pugliese del suo collega Nichi Vendola che ha matato la manovra tremontiana come “macelleria sociale”, per tuffarsi invece nella bottega leghista da dove ha tirato fuori la storia sempre convincente del federalismo promesso e mazziato. Nella sostanza però, il governatore Roberto Formigoni è andato giù lo stesso pesante e al ministro Tremonti gliele ha cantate davvero a brutto muso: «Questo governo si comporta con le Regioni come un padre sciamannato».
La manovra del governo, ha fatto più volte dire al suo assessore al Bilancio, Romano Colozzi, porta via metà del bilancio regionale, mette in pericolo i buoni scuola, gli incentivi antismog e per la difesa dell´ambiente, gli aiuti alle imprese e il sostegno ai lavoratori e, quel che peggio, impedirà di far partire il tanto atteso federalismo fiscale.
Beh, mica robetta da poco ma, più o meno, il 90 per cento del programma regionale e di quel modello lombardo sul quale il governatore ha costruito eccellenze e primati di livello europeo in 15 anni di ininterrotto governo. Tutto alle ortiche, per usare un’espressione oxfordiana che lascia intendere ben altra destinazione degli impegni assunti dal centrodestra in campagna elettorale e, soprattutto, delle risorse che servirebbero a finanziare le competenze regionali previste dalla legge sul federalismo.
Non sarà macelleria sociale come dicono quei disfattisti dei comunisti vendoliani, ma certamente è un bel casino, aggravato da una colossale presa in giro a danno delle Regioni. Il bilancio della Lombardia, sanità esclusa, è di 5 miliardi di euro. Tremonti ne vuole tagliare due nel biennio: basta a farsi un´idea di quel che resterà del modello lombardo. Bricioline e pinzillacchere. Altro che manovra per evitare di finire come la Grecia: se i tagli restano quelli la Lombardia rischia di venire superarata anche dall´Honduras.
Formigoni è andato più volte a Roma a battere i pugni e protestare che il governo non può sempre scaricare sugli enti locali, mettere le loro finanze al tappeto e nel contempo berciare di riforma federalista.
Ecco, a questo proposito, occorre registrare il silenzio assordante della Lega che sul rischio di un federalismo azzoppato dovrebbe fare fuoco e fiamme.
Invece… invece, dopo aver messo al riparo dallo scioglimento le Province, se ne stanno zitti e quieti nei loro palazzi romani. Il federalismo? A mesi alterni. Questi sono quelli del silenzio padano. Così, se c’è ancora “Roma ladrona” pare invece del tutto sparita la Lega che non pedona.
Facevano, i leghisti, del federalismo e della devolution (chi si ricorda ancora?) un punto di non ritorno, la linea della morte: hanno avuto una legge e il cane da guardia leghista ha smesso di abbaiare. Non un bau e neanche un miao per segnalare agli amici sindaci e ai presidenti di Regioni l’arrivo di Tremonti che con la sua turbo-manovra manda in “bancarotta” gli enti locali.
Tagli cospicui ai trasferimenti, sacrificato pure l’avvio del federalismo fiscale che a suo tempo la Lega sbandierò come il trionfo del glorioso popolo padano. Formigoni protesta e chiede al governo di ripensarci e i leghisti che fanno? Niente, fingono tranquillità, lasciano che il governo vada avanti per la sua strada.
Così, a smoccolare c’è rimasto Formigoni: con lui i colleghi presidenti e i sindaci. Forse, c’è pure Berlusconi che al quale la manovra tremontiana dev’essere rimasta sul gobbo. Il Cavaliere, se c’è, dovrebbe battere un colpo, magari sulla capa del ministro che nella foga di piallare Comuni e Regioni s’è scordato di segare pure le Province (qui Lega ci cova e ci campa).
Che farà adesso Formigoni? Ci sono voci di una convention con i sindaci lombardi, si parla di economisti di grido già al lavoro per preparare una piattaforma da presentare al governo ed elaborare la road map del federalismo possibile. Tremonti è avvisato…