Strano mondo davvero è il nostro dove un solo babbuino vale più di dieci ragazzini africani. O dove indossare uno straccio di pelliccia al collo può costare la radiazione dalla civile convivenza, mentre la brillantezza di un diamante non suscita che sentimenti di ammirata e smerigliata invidia.

Eppure, anche la più piccola pietra estratta a Johannesburg, tagliata ad Amsterdam e venduta a New York, non ha nulla da invidiare alla stola costata la vita di decine di animaletti. Nella sua splendida purezza, il diamante gronda del sangue di centinaia di schiavi, costretti a turni massacranti nelle grandi miniere africane di proprietà di poche multinazionali del lusso.

Ecco, così girà il mondo: in modo storto e contorto tanto che se le pellicce sintetiche e le fibre vegetali hanno sostituito le pelli e salvato milioni di vite animali dallo scuoiamento, non altrettanto succede della vita umana.“I diamanti sono i migliori amici di una ragazza”, cantava Marilyn Monroe: purtroppo, però, oggi vanno d accordo anche con gli eserciti. Le più grandi miniere di diamanti si trovano in Angola, Botswana, Congo, Ghana, Liberia e Sierra Leone. Gran parte delle pietre ritrovate in queste regioni alimenta terrificanti e guerre civili e sfruttamento: i lavoratori guadagnano in media meno di un dollaro al giorno, un reddito da povertà assoluta.

Ma a tormentare l’Africa non ci sono solo i diamanti. C’è, ad esempio il coltan, un minerale preziosissimo che si presenta sottoforma di polvere nera ma che vale più dell’oro. È formato da due minerali: la colombite e la tantalite (che gli danno il nome) dai quali si estrae il tantalio, un metallo raro, molto duro e resistente alla corrosione, usato per la costruzione di turbine aeronautiche e per la fabbricazione di condensatori elettrici di piccole dimensioni.

Oggi il tantalio è ricercatissimo dai produttori di telefonia mobile. Cellulari, smartphone, personal computer, videogames che per funzionare hanno bisogno dei micro-condensatori al tantalio. Il prezzo attuale del minerale è di poco superiore a quello dell’oro e se si pensa che l’80% delle risorse di coltan sono nella Repubblica Democratica del Congo (nella regione di Kivu) si può facilmente immaginare il perché il Paese sia così afflitto da decine di micro-conflitti.

“Salve, sono un Mac. E io un Pc”, dicono i due attori imitando la famosa pubblicità dei prodotti Apple, ma a differenza degli spot originali la coppia scopre di avere in effetti qualcosa in comune: dalle loro tasche esce una polvere nera. Entrambi gli apparecchi sono infatti costruiti usando i metalli provenienti dalle aree di guerra dei Paesi più poveri dell’Africa. E pure il simpatico Totti alle prese nello spot di Vodafone con l’arcigna insegnante di inglese meriterebbe dolorose bacchettate sulle dita non solo per l’improbabile pronuncia.

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Minerali “insanguinati” li chiamano, come i diamanti. La scoperta di nuovi giacimenti anche in altri Paesi ha scatenato una specie di corsa ad accaparrarsi quante più concessioni possibili. Il mercato del coltan finanzia il riarmo di quei gruppi che si contendono il territorio e degli Stati su cui sono presenti le miniere e così alimentano il mercato nero delle armi e quindi le guerre.

 

Nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo si consuma da anni uno dei più sanguinosi conflitti dalla fine della Seconda guerra mondiale. Che insieme alle carestie ha portato alla morte di più di 5,4 milioni di persone, con 45mila nuove vittime ogni mese. Bande armate, gruppi tribali e milizie non governative si rendono protagonisti di incursioni, razzie e massacri di civili.

 

Se nel caso dei diamanti c’è il protocollo di Kimberley che traccia la provenienza delle pietre (ma il protocollo viene spesso aggirato), per il coltan non è così. Non esistono norme per costringere gli estrattori a rispettare determinate regole che includano il divieto di far uso di bambini di età inferiore ai 16 anni, l’obbligo di pagare adeguatamente le persone che estraggono il prezioso minerale e il rispetto dei diritti. Ma soprattutto mancano regole precise sia per le compagnie di estrazione che per gli acquirenti in modo da tagliar fuori coloro che commerciano il coltan clandestinamente per poi usare il denaro nell’acquisto di armi o per finanziare conflitti.

 

La guerra in Sierra Leone e cominciata nel 1991, e fin dall’inizio i bambini sono stati reclutati come soldati in tutti i fronti e da tutte le fazioni. Più di 10mila bambini, all’età di 8 anni sono diventati soldati e killer di professione.

 

Che dite? Tutto questo massacro non meriterebbe da parte di movimenti e organizzazioni la stessa attenzione che si pone invece per le campagne animaliste? O i bambini africani impiegati nelle miniere di coltan e diamanti hanno meno diritti degli animali da pelliccia?