Esistono due modi per risparmiare quattrini e quadrare i bilanci. Quello più usato, almeno dalla maggior parte delle famiglie italiane, è dare una bella tirata alla cinghia delle spese superflue e rimandare a tempi migliori la realizzazione di desideri al momento proibiti. L’altro, più facile ma legalmente non raccomandabile, consiste nel mantenere livelli insostenibili di spesa senza curarsi delle conseguenze. Cioè: non pagare i conti, vivere a sbafo e far segnare il tutto nella casella dei debiti.
Questo secondo pare invece essere il metodo preferito dagli enti pubblici. Comuni, Ospedali e Asl ricorrono senza remore e in modo sistematico a queste “furbate” contabili per nascondere un disavanzo che altrimenti apparirebbe scandaloso e indecente.
Prendiamo ad esempio il Lazio, la Regione governata da poco dal centrodestra ma che, dal punto di vista del deficit sanitario, è da sempre tra le “più rosse” d’Italia.
Le ultime notizie ci dicono che è l’unica Regione italiana ad aver ridotto la spesa sanitaria pubblica pro capite. Nel 2009 è pari a 1.974 euro, a fronte di una spesa media nazionale di 1.816 euro, con un disavanzo per ogni cittadino di ben 244 euro: il più alto d’Italia. Tuttavia, rispetto all’anno precedente, la spesa è diminuita dello 0,35%. Lo dice il “Rapporto Osservasalute” presentato al Policlinico Gemelli di Roma, e non c’è motivo per non crederci. Il Rapporto, infatti, è un’approfondita analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane e non dà certo numeri a vanvera. Dunque, lo 0,35 per cento di deficit in meno: percentuale omeopatica e tuttavia mica da buttare. Una goccia nel mare dei debiti ma pur sempre una stilla di novità. Gli analisti di Osservasalute non dicono, tuttavia, come hanno fatto ospedali e Asl laziali a risparmiare quei quattrini, parlano genericamente di “razionalizzazione obbligata”.
Che significa? Dove hanno affondato la lama le Aziende Sanitarie, in quali settori hanno fatto tagli? Mistero. Qualcuno, maliziosamente, dice che il segreto dei risparmi è quello di Pulcinella: basta non pagare e oplà, il gioco è fatto.
Vero? Beh, non sempre, ma qualche volta sì. Lo sanno bene i dirigenti della Cooperativa sociale Pars di Civitanova Marche che vantano nei confronti di una Asl laziale, la Roma G, un credito che galoppa ormai verso il mezzo milione di euro. Per la precisione: 419.320,51 euro, a fine dello scorso anno. Come mai? La Pars opera da decenni nel campo dell’educazione dei giovani e della cura di dipendenze patologiche e disturbi della personalità (abuso di sostanze ed alcool, disturbi dell’alimentazione, depressione, etc), unendo l’aspetto educativo con le risorse offerte dalla medicina e dalla psicologia. Insomma, una realtà che opera nel privato sociale, come ce ne sono tante in Italia, regolarmente accreditata e che con i servizi offerti in convenzione a Regioni e Comuni supplisce l’attività dello Stato facendogli pure risparmiare. Di contro, viene ripagata con moneta falsa. Anzi, alla Pars di monete provenienti da Roma non se n’è vista manco una.
La situazione debitoria inizia nell’anno 2007 quando, dopo aver pagato le fatture relative all’anno 2005, (già questo la dice lunga sui ritardi degli enti pubblici) l’Asl G sospende senza preavviso e ragioni tutti i pagamenti. La Pars intraprende le azioni legali del caso: decreti ingiuntivi per costringere l’azienda sanitaria a pagare e disponendo il pignoramento delle somme dovute presso le banche. A breve sarà fissata una prima udienza in Tribunale, la cooperativa, responsabilmente, non tuttavia ha sospeso i servizi e continua tutt’oggi a ospitare utenti della Asl in questione. E il debito continua a crescere.
Come definire il comportamento dell’Asl G di Roma? Caso isolato di arroganza istituzionale, avventurismo finanziario o inedita interpretazione di un federalismo strozzino, che premia i furbetti e punisce gli onesti? Facile risparmiare con i soldi degli altri. Qualcuno in Regione dovrà rispondere, e soprattutto saldare il debito con la cooperativa marchigiana.