Nell’inchiesta sulle altre Thyssen Krupp d’Italia che Repubblica ha offerto ai suoi lettori, dopo la sentenza esemplare di Torino, soltanto due-righette-due li dedicava alla Saras, lo stabilimento petrolchimico di Sarroch, in Sardegna. E dire che proprio nella raffineria cagliaritana, meno di una settimana fa, un operaio è morto asfissiato dalle esalazioni di ossido di carbonio. Va ricordato che anche nel maggio 2009, altri tre lavoratori restarono uccisi in una cisterna che stavano bonificando.
A differenza della tragedia Thyssen, l’attenzione mediatica sulla raffineria sarda è stata regolata su livelli di bassa intensità: i quotidiani ne hanno parlato in sbrigativo e senza tanti commenti: la quarta “morte bianca” non ha per nulla scaldato gli umori giustizialisti di sindacati e leader politici. Di destra, ovvio, ma neanche di sinistra che sulla vicenda Saras tenevano un profilo insolitamente basso e discreto: chiusi in uno stretto riserbo, come si dice degli investigatori.
Perché? Mah, forse perché la Sardegna interessa i lettori quando a fare sciopero sono gli addetti alla navigazione dei traghetti, oppure perché il disgraziato che ci ha lasciato la ghirba è soltanto un giovane di 25 anni della Sicilia. Forse, il motivo di tanto sinistro e frettoloso meneimpippo è un altro: sotto la sigla Saras c’è la bella e progressista famiglia Moratti, quella dei fratelli Gianmarco e Massimo, padroni del petrolchimico sardo. L’uno consorte di lady Letizia, sindaco di Milano, l’altro di madame Milly, la pasionaria radical-chic in livrea bicolore: il verde ecologista e il rosso Prada.
La signora è il primo sponsor dello sfidante Pd: l’ex rifondarolo Giuliano Pisapia. Di Massimo Moratti si sa quale sia l’occupazione: bruciare miliardi trastullandosi con l’Inter, vendendo e comprando campioni, finanziare l’opera pia Emergency dell’amico e compagno Gino Strada, sostenere le campagne dei Verdi a Milano e altre amenità illuminate della companera Milly. Lo sanno anche i sassi a Milano che l’ala sinistra dei fratelli Moratti è tra i big spender del Pd e di tutto quello sta alla sua sinistra. Generosità altrettanto generosamente contraccambiata.
La prova? Sta nel rigoroso silenzio tenuto dai papaveri milanesi e nazionali della sinistra ex, post e ancora oggi comunista, sulle morti alla raffineria. Dichiarazioni di Pisapia sull’episodio? Mai pervenute. E gli altri? Nessun pronunciamento né dal segretario del Pd Pierluigi Bersani, né da quel Nichi Vendola, attuale governatore della Puglia e in predicato di occupare una futura poltrona da leader nazionale, di cui si registrano dichiarazioni, oramai, su tutto: dalle emergenze nazionali alle nuove e tendenze fashion-gay. Ma davanti ai cancelli Saras pure Vendola s’è ammutolito.
Ben diverso il comportamento sul rogo alla Thyssen Krupp di Torino e la sentenza che, accogliendo le tesi dell’accusa, per la prima volta ha condannato l’amministratore delegato del gruppo per “omicidio volontario”. Una condanna storica, hanno detto e scritto, senza precedenti perché mai prima i mancati investimenti sulla sicurezza del lavoro sono stati considerati come prova di omicidio volontario. Insomma, anche i morti sul lavoro non sono tutti uguali davanti ai tribunali della sinistra: alcuni hanno diritto di accedere subito per vie direttissime alla canonizzazione a martiri dell’egoismo capitalista e del profitto, altri, invece, possono attendere.
Gli operai della Saras dei fratelli Moratti sono tra questi: non hanno santi in paradiso (quello predicato da sindacati e Pd), dunque attendano pazientemente il loro turno. Insomma, se i dirigenti della Thyssen sono killer di tute blu, quelli della raffineria morattiana soltanto poveri imprenditori perseguitati dalla cattiva sorte. Con loro i giudici ci vanno leggeri, tanto che le responsabilità per i tre morti di due anni fa non sono ancora state accertate.
I Moratti avevano minacciato di querelare i giornali che avrebbero riportato l’inchiesta del giornalista Giorgio Meletti, che nel suo libro, “Nel paese dei Moratti”, ripercorreva gli incidenti al petrolchimico. Una sorta di censura preventiva del tutto inedita nella storia dell’editoria.
E la sinistra, sempre pronta a urlare contro le leggi bavaglio e le limitazioni berlusconiane alle libertà di critica? Silenzio, per non contraddire lo sponsor. Certo, alla famiglia appartiene anche lady Letizia Brachetto, ma la sindachessa non ha mai fatto il doppio gioco, come la cognatina Milly, di tenere il portafoglio e destra e il cuore a sinistra o reclamare l’esecuzione capitale per inquinatori e sfruttatori di operai. Per non infastidire i bravi petrolieri, la sinistra fa imposto il “tutti zitti e mosca” anche sulla discussa quotazione in Borsa della società.
La Procura di Milano ha descritto l’operazione Saras in 400 pagine, ipotizzando, che, grazie all’aiuto di alcune banche, “l’incasso della quotazione sia servito soprattutto a un ramo della famiglia, quello di Massimo Moratti, per far fronte ai debiti dell’Inter. Con un contestuale danno per il mercato di 770 milioni di euro”.
In sostanza le azioni sono state quotate a un prezzo molto superiore al loro valore. Moratti, incasso 1,6 miliardi di euro, la banca Jp Morgan, incassò 26,7 milioni, la Banca Caboto, 18 milioni di euro e Morgan Stanley 20,9 milioni di euro. Gli azionisti, invece, ci rimisero 770 milioni di euro. Resta il fatto che, anche dopo i ripetuti pronunciamenti, gli investimenti per garantire la sicurezza annunciati nella raffineria sarda si sono dimostrati del tutto insufficienti. Due anni fa gli imprenditori milanesi promettevano: “Tutto nella nostra fabbrica deve funzionare alla perfezione”. Oggi, rieccoli ad esprimere la stessa tiritera e il medesimo cordoglio.
Certo, nell’innalzare nerofumo i Moratti Brothers sono insuperabili: due anni fa avevano partecipato addolorati ai funerali dei tre operai, indennizzando pure le famiglie con un paio di milioni di euro. L’altro giorno il rito funebre si è ripetuto con M & M ancora in prima fila davanti alla bara. Un gesto di pietà, commovente e umano, ma basta a garantire ai petrolieri l’omertà della sinistra e la clemenza dei giudici? Chi darà giustizia ai lavoratori della Saras, dimenticati nel limbo operaio, senza fiori né preghiere perché i gran sacerdoti della sinistra, Bersani, Vendola e Pisapia, sono troppo impegnati a presidiare i pozzi sardi e non possono rinunciare al loro bancomat neroazzurro?