È un tribuno della plebe, un micidiale lanciatore di frasi contundenti: scioglie parole e insulti nella benzina per poi tirarli contro gli avversari come fossero bottiglie molotov. Al compagno Nichi Vendola piacciono i paradossi, le metafore surreali e il genitivo sassone, quello che Marx usava per cippirimerlare e confondere reazionari e revisionisti. Così ha sostituito la lotta di classe con la classe della lotta perché da governatore veste Prada, mica gli stracci di un no global qualunque. Ma soprattutto, il Vendola è imbattibile nell’arte degli ossimori e della conciliazione degli opposti: solo
chi ha fantasia (e faccia tosta) può fondare un partito e chiamarlo “Sinistra e Libertà”. Più ossimoro di così.
Quando parla, si trasforma come il dottor Jekyll e mister Hyde: profeta della pace, e affabulatore dei popoli, ma anche feroce accusatore e demolitore di chi non la pensa come lui. Sotto l’orecchino Swarovski e i capelli graziosamente a caschetto stanno nascosti i denti aguzzi del Coniglio Mannaro.
Esagerazioni? No, sta tutto scritto, nero su bianco. Su Liberazione, il quotidiano di Rifondazione comunista dove qualche anno fa Vendola aveva una sua rubrica: “Il dito nell’occhio”. Più che un dito una trave: cose terribili, da stalinismo anni Trenta, una fila di accuse da plotone di esecuzione che il Grande Inquisitore barese sparava contro dirigenti del Pci-Ds, radicali, prodiani e tutto il resto della sinistra che sedeva alla sua destra.
Nel suo ultimo e bellissimo libro, “Carta straccia” (baedeker indispensabile per chi vuol capire come gira il mondo e funziona “la macchina del fango” nei quotidiani di sinistra) Giampaolo Pansa s’è preso la briga di spulciare la raccolta del quotidiano ex rifondarolo per raccontare l’altra faccia del licantropo Vendola. Il meglio Nichi lo dà durante la guerra “umanitaria” della Nato contro la Serbia, quando al governo c’è l’Ulivo.
Massimo D’Alema? “Livido come i neon del metro. Gravemente atlantico, cinico, con una spocchia da statista neofita”. Fassino? “Blaterante scempiaggini cingolate e mortali”. Umberto Ranieri: “un caporalmaggiore della Nato”. La radicale Emma Bonino è invece una “vipera con la faccia di colombella, amante delle carneficine umanitarie”. Lamberto Dini, allora ministro degli Esteri di D’Alema, è solo “un noto venditore di tappeti”, Armando Cossutta, “un esempio di cinismo incarnato nella liturgia levantina del mentire”, “l’ipocrisia eletta a scienza, metodo, a progetto politico”, sapeva “tradire se stesso, la propria storia, i propri compagni, senza neppure inarcare il sopracciglio, senza abbassare il volume della tromba”. Fino al fulminante: “Armando, voce del verbo armare”. E poi il capo dei Comunisti italiani, Oliviero Diliberto: prende “le distanze dalla guerra senza prendere le distanze dalla sua poltrona”. Insomma, il pacifista Vendola era incazzato rosso con i compagni di lotta: Lidia Ravera li battezzò “porci con le ali”, lui li ribattezzò in “porci con le bombe” a servizio degli Usa. “Questo establishment sinistro, al governo e alla Rai, ha portato i porci con le ali nelle basi Nato e poi nei cieli adriatici. Verso la conquista di un posto al sole o perlomeno all’ombra delle nuove piramidi americane”.
Quando Vendola inzuppava la penna nel veleno su Liberazione mica era un ragazzino: aveva 41 anni, già deputato per la terza volta. Insomma, il ciclone Nichi l’insulto ce l’ha nel sangue e difficilmente gli riesce di trattenersi. Gli ultimi complimenti a Bersani sono stati due brucianti “peloso” e “meschino”, sparati a distanza ravvicinata. Vendola punta al bersaglio grosso, a scalzare il pacioso segretario dalla sua poltrona. Per questo vuole le primarie di coalizione, nella certezza di poter battere qualunque candidato.
È sempre l’acuto Pansa e svelare il piano segreto di Nichi: “Lui vuole l’egemonia sulla sinistra italiana. E ambisce a diventare il capo di questo arcipelago multiforme, frammentato in sub-partiti e in clan elettorali. Per cimentarsi contro il nemico di sempre: il capitalismo rappresentato dal caimano Berlusconi e da chi lo sostiene. Nichi si farà vedere sempre più spesso sulla piazza di Milano. Tanto che il sorridente Pisapia avrà alle spalle una suocera esigente, mai soddisfatta e all’occorrenza capace di carognate a non finire. L’ombra di Nichi sarà la sua ossessione quotidiana”.
D’Alema e tutta la triste compagnia sono avvisati.