Ce lo presentano come il nuovo messia di Sinistra e Libertà (come se non fosse in politica ormai da decenni), l’Erri De Luca con l’orecchino, il profeta che cita il Vangelo per autoeleggersi Uomo della Provvidenza, la verginella che ha saputo battere le oligarchie partitiche, l’ottimo amministratore, il governatore non corruttibile. E via farloccando, come fanno volentieri i supporter di Repubblica e Unità per far crescere e irrobustire il mito. L’ultimo, forse, che ancora resta agli ex e post comunisti che non hanno rinunciato all’utopia del cambiare il mondo solo dando aria alla bocca e alla fantasia parolaia.
Beh, l’avete capito: stiamo parlando di Nichi Vendola, leader del Sel, presidente della Regione Puglia e minaccioso sfidante del pacioso Pierluigi Bersani alla guida della coalizione “capitanata” dal Pd. Ma per capire chi è davvero il possibile leader della futura ammucchiata anti Cavaliere, converrà lasciare le agiografie di carta della sinistra-limousine e sfogliare le carte della sua non brillante amministrazione. Quelle, per intenderci, della giunta della Regione Puglia diventata celebre per le inchieste giudiziarie, gli arresti per corruzione e le stangate rifilate ai cittadini per ripianare la voragine della Sanità.
Nella “Fabbrica di Nichi” (questo il nome scelto per il laboratorio politico e quartiere generale dei brainstorm vendoliani), il prodotto più venduto sono i “buchi” di bilancio e le generose consulenze ad amici e compagni. E proprio la Sanità che permise nel 2002 a Vendola di conquistare la Regione Puglia, oggi rischia di essere il suo Vietnam. Infestato non dai vietcong, ma da guerriglieri ancora più micidiali: i debiti e gli scandali. L’ultimo, lo scorso mese di aprile: un autista della Asl di Lecce arrestato perché rubava la benzina dall’auto di servizio per fare il pieno alla sua fiammante Porsche Carrera.
Una goccia nel “mar rosso” della Sanità pugliese. Solo un impercettibile smottamento nella voragine complessiva da 412 milioni di euro: 326 erano già messi in preventivo, ma gli altri 86 sono un buco che nessuno è riuscito ancora a tappare. Neppure l’esercito di super esperti e consulenti che il governatore Nichi ha chiamato alla sua corte. Il fatto è che dal 2006 la giunta regionale pugliese è riuscita a sfornare circa 500 contratti di collaborazione, tra co. co.co. e consulenze. Insomma, un fiume di incarichi ai quali si vanno ad aggiungere centinaia di mandati a legali e avvocati esterni nonostante la presenza di un’Avvocatura regionale, sbandierata e rivendicata più volte come un fiore all’occhiello dall’entourage vendoliano.
Numeri da capogiro, capaci di stordire un elefante. Ma a Vendola piacciono i record e le imprese no-limit. Basti pensare che ben 38 dei suoi consulenti e collaboratori superano il tetto dei 50mila euro di stipendio, con punte di 80mila euro per una singola prestazione. In realtà, alcuni di loro sono titolari di più incarichi e arrivano a raggranellare anche 300mila euro di compensi. Tra i più fortunati c’è il capo dell’avvocatura regionale, Nicola Colaianni, vanto della politica “post-modernista” del governatore pugliese: ha una retribuzione da 168mila euro. Alla fine, come dice Totò, è la somma che fa il totale e buttando giù la linea delle somme la botta è davvero bella: 11 milioni di euro in contratti.
Da ultimo, il capitolo delle spese per la politica: le retribuzioni annue comprese dei politici vanno comunque dai 117mila euro che finiscono in tasca ai consiglieri regionali (il presidente del Consiglio regionale però ne riceve 142mila) fino ai 167mila del più pagato: Vendola Nichi. Con uno stipendio così, al governatore deve essere stato certamente più facile assorbire anche i traumi delle vicende giudiziarie. Ricordare lo scandalo di Sanitopoli, quello che poco più di un anno fa portò all’azzeramento della giunta regionale pugliese? Bene, non è bastato l’azzeramento delle deleghe assessorili, non è servito l’arresto di Sandro Frisullo (ex vicepresidente Pd della giunta Vendola ammanettato perché “chiedeva” escort e soldi e in cambio avvantaggiava l’imprenditore GiampaoloTarantini), non sono bastati gli arresti di avvocati e imprenditori.
Nel marzo dello scorso anno scorso, Vendola se la vide di nuovo davvero brutta: indagato insieme al suo capo di Gabinetto Francesco Manna, per concussione in concorso per alcune nomine di direttori di Asl pugliesi. L’inchiesta si è poi risolta con il proscioglimento del governatore, ma in coincidenza con la richiesta d’arresto per il senatore del Pd ed ex assessore alla Sanità Alberto Tedesco, per il suo braccio destro Mario Malcangi, per il caposcorta di Vendola e per tre tra imprenditori e manager sanitari.
Al di là dell’apparente schizofrenia giudiziaria, il “miracolato” Vendola non si fa carico nemmeno delle responsabilità politiche per quello che il giudice per le indagini preliminari definisce “un consolidato sistema di malaffare incancrenito nel “sottosistema” della Sanità pugliese”. Eppure, il giudice parla di lui in quanto presidente della giunta, ma niente: l’unico errore che il governatore ammette “è di non aver avviato un rinnovamento più radicale”. E non la smette di profetizzare dentro e fuori la sua Regione e attaccare gli avversari con la sua solita violenza parolaia. Ricordare quando disse che Sanità della “virtuosa” Lombardia era simile a “un’organizzazione ‘ndranghetista”?
Senza vergogna, anzi: fino al delirio tanto da spingere il governatore Formigoni a chiedersi se Vendola non fosse solito parlare sotto l’effetto degli stupefacenti. Una battuta quella del governatore lombardo, ma stupefacenti sono senza dubbio gli aumenti che Nichi il gabelliere rifila ai suoi sudditi per arginare le falle e portare denaro fresco nelle casse regionali. Una stangatina mica da ridere: un ritocchino dello 0,5% di aumento sull’addizionale Irpef. Così cento milioncini di euro prenderanno la via della Regione: un miracolo che Vendola ha compiuto cacciando entrambe le mani nelle saccocce dei pugliesi.
(1. continua)