Milano. Appello ai pisapiani di arancio vestiti, agli egregi assessori ex rifondaroli e centro-socialisti (nel senso leonkavallino del termine), alle madame e sciorette della Casa della carità: cari compagni, dite qualcosa di sinistra. Qualcosa per cui i milanesi (non tutti ma tanti) vi hanno eletto. È mai possibile che sulle cose che contano, quelle materiali, economiche e finanziarie, insomma: sui danè che vi (e ci) fan danà, dobbiate sempre lasciare l’ultima parola a quell’ex democristo di Bruno Tabacci?
Un prezzemolino col turbo: è sempre lui a straparlare sui conti che non tornano, a ingegnare soluzioni tassative e tassatorie contra omnes e ultra osée, a dare la linea e tracciare il solco di un’amministrazione che dal brillante arancione dei primi giorni sta virando verso il color giallastro delle peste bubbonica.
Facciamo un esempio: la martellata che gli yankee di Standard & Poor’s hanno mollato sui calli della giunta, botta micidiale per chi si credeva la “primavera” della nuova era ambrosiana. Roba da chiamare i no global e mandarli a sfasciare le vetrine di quei mammasantissimi di Wall Street. Macchè: il pisapiano Tabacci non fa una piega, di più: dice che la bocciatura era prevista, che nulla cambia e tutto procede secondo i piani. Prosit.
La sinistra non ne ha mai azzeccata una, però aveva le idee chiare sui padroni del mondo, quelli che sottobanco manovrano la politica e l’economia a vantaggio di pochi. È sorprendente scoprire da loro che le agenzie di rating Usa oggi sono i garanti del buon governo e della democrazia e accettarne il verbo come fosse Vangelo. E anche quando i missili d’Oltreoceano colpiscono le loro città, anziché rispondere con la vecchia contraerea anti-capitalista, i compagni porgono docilmente l’altra guancia.
Del resto, che la giunta Pisapia abbia un debole per finanzieri e multinazionali lo dice anche il caso dell’assessore Chiara Bisconti, delegata dal sindaco ai rifornimenti di pappe nei ricoveri comunali per gli amici a quattrozampe.
Il fatto è che la signora assessora è una dirigente della Nestlé, holding dell’alimentazione cui fa capo il marchio Purina, leader mondiale nelle produzione di cibo per cani e gatti. Un conflitto di interessi grande come un canile. Dunque, “yankee go home”. Anzi, “bau bau”.