Beh, c’era da aspettarselo da questo governo di banchieri in doppiopetto color Goldman Sachs e super docenti con lo spread. Se, la scorsa settimana, i trentenni senza laurea erano sfigati, i travet col posto fisso al Catasto non possono che essere annoiati. Poteva essere una battuta, ma nell’ultima performance a Matrix l’illustrissimo Mario dottor Monti s’è fatto prendere la mano. Il suo elogio della precarietà e delle occupazioni sempre in bilico ha toccato corde che era meglio non pizzicare e che ora rischiano di appenderlo per il collo.
Ai compagni della sinistra la battuta sul lavoro noioso non è piaciuta, anzi gli è andata proprio di traverso. Da quelle parti, certe cose vengono permesse solo ai comici, e Monti un buffone non lo è. E neppure è iscritto al club dove Crozza potrebbe benissimo scambiarsi con Bersani. Smacchiare i leopardi o togliere le occhiaie ai panda non è mica come sghignazzare sull’allegria dei co.co.co o l’euforia delle partite Iva contro lo stress dell’impiego monotono. Per la prima volta dall’ascesa al trono dell’esecutivo “tecnico”, il Pd esce dall’angolo e critica apertamente il premier, i sindacati attaccano perché sentono puzza di bruciato: il prossimo a finire sulla griglia sarà l’articolo 18. E stavolta non sarà mica una battuta.
Però, Monti se l’è proprio cercata. Se davvero, come lui dice, un impiegato lungodegente, a busta paga mensile e contratto in aeternum, più che di lavoro si ammazza di noia, a quale orrendo supplizio saranno condannati i senatori a vita? Poveracci, inchiodati irrimediabilmente sugli scranni, portati in aula a spalla quando la Patria e il governo chiamano. Insomma, l’elogio del lavoro corto e senza marchette all’Inps lo potevano fare tutti, ma non chi, come SuperMario ha un posto in Parlamento (e relativo stipendio) garantito finché morte non lo separi. Qui sta il lato davvero comico della sortita, ultima versione di un vizio tanto diffuso soprattutto nei quartieri alti ed extrachic: quello di fare le barricate sempre con i mobili degli altri.
Va bene, l’ex banchiere Monti non ha certo bisogno del cachet di senatore a vita, ma in politica anche la forma conta. Non è il solo caso di predicatore “asimmetrico”, la galleria di quelli che predicano bene ma razzolano male è lunga come un contratto a tempo indeterminato. Che dire, infatti del “cattolico adulto” Romano Prodi che, nonostante le sue tirate etico-politiche contro il centrodestra e le leggi ad personam di Berlusconi, qualche volte di queste leggi ne ha un po’ approfittato. Lasciamo stare il cumulo, non delle cariche, ma delle pensioni che in totale fa 14mila euro al mese. Eh sì, perché il Professore (pure lui) di vitalizi ne incassa addirittura tre: uno da 5.283 euro come ex presidente della Commissione europea, uno da 4.725 euro come ex parlamentare e uno da 4.246 come ex professore universitario… La sommetta lo dovrebbe imbarazzare non poco.
E che dire poi della tassa di successione, abolita da Berlusconi del 2001 e reintrodotta da Prodi nel 2007? Romano la bollò come un regalo fatto dal Cavaliere ai titolari di grandi patrimoni, già con il dna dell’evasore incorporato che venivano così ulteriormente foraggiati. Tutte balle, perché i soli a non pagare la successione erano già i super capitalisti, quelli in grado di fare giochi di partecipazioni societarie, cessione delle quote, trucchi finanziari. Prodi abolì l’abolizione, ma dopo aver donato allegramente ai propri figli parte del suo corposo patrimonio.
Ma così fan tutti, o tanti, soprattutto a sinistra. Prendete i condoni. Nei 10 anni alla guida del Paese, il centrodestra ha approvato 12 condoni di varia natura: edilizio, contributivo e fiscale sopra tutti. Il centrosinistra ne ha approvati 13. Talvolta se ne vergognava e provava a chiamarli con nome diverso: “sanatoria, contenzioso guidato, concordato”, ma di condoni si trattava. Votati anche da insospettabili, da quelli che oggi si stracciano le vesti al solo sentirne parlare. Chi ne ha votati più di tutti è stata l’attuale capogruppo Pd in Senato, Anna Finocchiaro Fidelbo: 11 condoni.
Non scherzano neppure i 10 condoni messi in saccoccia da Giovanna Melandri e da uno che il politico non fa più, ma adora moraleggiare via carta stampata come Furio Colombo. Non che avessero una passione particolare per i condoni: semplicemente erano fra i più diligenti in aula e quando il governo di centrosinistra metteva la fiducia sulle manovre, loro votavano per disciplina di schieramento. Non sono gli unici, perché nella storia degli aficionados dei condoni di sinistra ci sono nomi davvero a sorpresa. Ma questa è un’altra storia. Magari ve la racconteremo un’altra volta.