Pause tattiche durante il giorno, dalle 8 alle 19, per far passare gli aiuti umanitari sulla strada che va dal valico di Kerem Shalom fino alla Salah al-Din Road, in direzione nord. Le ha annunciate l’IDF. E subito in Israele è scoppiata la polemica. Contrariamente a quanto riportato dal quotidiano Haaretz, secondo il quale i vertici militari hanno informato l’esecutivo di quanto stava avvenendo, Bibi Netanyahu ha sostenuto di non saperne niente, sconfessando apertamente questo tipo di iniziative, seguito a ruota dal ministero della Difesa e da Ben Gvir, uno dei leader di estrema destra.



La realtà, spiega Vincenzo Giallongo, generale dei Carabinieri in congedo con al suo attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, è che tutti sapevano tutto e che queste pause servono anche all’esercito per contarsi e riorganizzarsi, soprattutto se, come sembra sempre più probabile, alla fine si attaccherà anche in Libano per regolare i conti con Hezbollah. Ma si va anche oltre: Israele potrebbe prendere di mira l’Iran per evitare che porti a conclusione il programma per realizzare armi nucleari.



L’IDF annuncia una pausa tattica giornaliera dei combattimenti, Netanyahu e altri esponenti del governo dicono di non saperne niente e si dichiarano contrari. Qual è la verità? Potrebbe esserci una spaccatura tra militari e politici?

È il gioco delle parti. Queste pause tattiche servono all’esercito per riorganizzarsi. I militari fanno la bella figura di interrompere le ostilità per far passare gli aiuti umanitari, ma fermarsi serve moltissimo anche a loro. Un esercito ha sempre bisogno di momenti di riorganizzazione: deve consolidare la sua presenza sui territori, sostituire i soldati non più in grado di combattere. Prendono due piccioni con una fava.



È credibile che l’esercito decida senza comunicarlo al ministero della Difesa?

Se il capo di stato maggiore dell’IDF decidesse in autonomia una cosa del genere, il giorno dopo verrebbe cacciato. È tutto concordato, il ministro della Difesa lo sapeva certamente. Può esserci forse il dubbio, viste certe dinamiche interne al governo, che il ministero non lo abbia detto a Netanyahu, ma sinceramente ci credo poco. Penso che il primo ministro con queste dichiarazioni, con queste lamentele nei confronti dell’esercito, voglia rabbonire l’estrema destra. È come se dicesse: “Vedete, io ero per andarci giù pesante. Sono loro che vogliono fermarsi”.

Ben Gvir non ha perso tempo e ha detto che le pause tattiche sono deliranti.

Sciocchezze. Chi lo ha fatto ha valutato tutto anche in prospettiva. Da due mesi dico che Israele non si accontenterà della Striscia di Gaza, che chiuderà i conti anche in Libano. Se vuole arrivare a questo, l’esercito deve riorganizzarsi a intervalli prestabiliti; gli israeliani devono contarsi, mettere al sicuro i feriti. Questa è una tregua che va benissimo per la popolazione, ma anche per l’IDF. E tutte queste cose chi le deve sapere le sa: il capo di stato maggiore, il ministro della Difesa, il capo del governo.

Questa situazione non incide per niente, quindi, sulle trattative per la tregua? Non è un primo passo per spingere verso un accordo?

Le trattative sono già morte, non se ne parla più. Il giorno che raggiungeranno un’intesa si saprà all’improvviso. La verità è che Israele vuole chiudere i conti anche con il Libano, se non oltre.

Secondo la CBS, gli americani temono un conflitto in grande stile dell’IDF contro Hezbollah. Non è una novità, ma dopo tante dichiarazioni di parte israeliana stavolta sembra che questa possibilità sia accreditata anche dagli USA. Prima o poi questo attacco si farà davvero?

Non penso che sia imminente, non sarà né oggi né fra una settimana, ma gli israeliani vogliono chiudere i conti e per farlo devono essere coscienti della loro forza. Queste pause servono per fare una ricognizione, per controllare dove sono dislocati gli uomini, verificare le loro necessità in termini di viveri e munizioni.

Gantz è uscito dal gabinetto di guerra e ha già partecipato a manifestazioni contro il governo Netanyahu. Perché scendere in piazza?

Gantz vuole proporsi come l’uomo che potrà prendere le redini del futuro Israele. Può farcela, ma mi sembra presto. In politica ci sono tempi lunghi: lui si porta avanti per cercare di minare l’autorità di Netanyahu. Porta acqua al suo mulino.

Pause tattiche durante il giorno significa che combatteranno di più di notte?

Non si fermeranno, continueranno a bombardare nelle ore restanti. Non fanno altro che comunicare a che ora sono previste le pause. Le pause le facevano già prima, adesso dicono quando. L’intensità dei bombardamenti a mio avviso non calerà, semplicemente verranno settorializzati in fasce orarie. In alcuni casi, in precedenza, i camion di viveri venivano colpiti per questo: cercavano di sfruttare le pause per raggiungere la gente che ne aveva bisogno, ma senza sapere fino a quando potevano durare i momenti senza combattimenti. E quando si riprendeva a sparare si trovavano sotto il fuoco.

Lo scenario, insomma, rimane invariato: l’accordo per il cessate il fuoco non ci sarà, la guerra proseguirà a Gaza, poi in Libano e forse in Iran?

Sì. Sono convinto che contro Hezbollah gli israeliani faranno qualcosa di sicuro, ma stanno pensando fortemente anche all’Iran.

Anche gli americani, d’altra parte, in questi giorni, hanno messo in guardia Teheran dal proseguire con i suoi piani atomici, promettendo loro una risposta. Potrebbero assecondare i progetti di Israele da questo punto di vista?

Ho lavorato molto con gli americani e sono fortissimi dal punto di vista militare anche grazie ai loro apparati bellici, ma non sono capaci di gestire la situazione dopo che hanno vinto la guerra. Lo hanno dimostrato in Iraq come in Afghanistan. E non hanno grandi capacità politiche, non hanno la lungimiranza di vedute che hanno altri. Se si vuole fermare l’Iran bisogna farlo prima che arrivi alle armi nucleari.

Se anche gli americani cominciano ad alzare il tiro su questo tema, gli israeliani, però, potrebbero convincersi a intervenire?

Israele di quello che pensano gli USA non è che si interessi molto; alla fine gli americani, se devono schierarsi con qualcuno, staranno sempre dalla loro parte.

(Paolo Rossetti)

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