Case completamente distrutte, così come le scuole. E l’esercito israeliano che continua ad attaccare e a far evacuare gli ospedali. Gaza è sempre più un inferno dove i morti hanno superato quota 42mila, gli orfani sono 20mila e c’è sempre meno cibo e acqua, visto che ormai di aiuti umanitari se ne vedono ben pochi, se non niente in assoluto.



Quello che descrive Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, è uno scenario desolato, di grande disperazione, del quale la comunità internazionale si occupa sempre meno, presa com’è dal pericolo di un’escalation della guerra con Beirut e Teheran. Gli attacchi si susseguono anche in Cisgiordania, dove case e strade vengono distrutte. La Terra Santa, intanto, viene abbandonata dai cristiani. Molte famiglie di Betlemme, che da un anno non hanno più lavoro perché non c’è turismo, hanno deciso di andarsene all’estero. E molte altre stanno pensando di farlo.



Si parla molto del Libano e della possibilità di un attacco all’Iran. La guerra a Gaza sembra quasi passata in secondo piano. Eppure gli attacchi e i morti continuano. Com’è la situazione?

A Gaza la guerra è molto intensa, oggi ci sono stati 50 morti solo in una mattinata. Purtroppo non fanno neanche più notizia. In Cisgiordania, invece, sono stati uccisi cinque palestinesi a Nablus da parte dell’esercito israeliano.

Vengono ancora presi di mira gli ospedali?

Sì, la situazione nella Striscia è molto grave e non si parla più della mancanza di cibo e acqua. Gli aiuti non arrivano come prima. Tutto è concentrato sul Libano e sulla possibile risposta di Israele all’Iran, ma non c’è solo questo. Sono molto preoccupato per la Cisgiordania perché ci sono stati moltissimi arresti a Nablus, Jenin, Hebron. Siamo in una situazione terribile, ma nessuno ne parla più. Sono state distrutte case e strade.



A Gaza, invece, qual è la situazione degli sfollati?

Stanno malissimo, sono veramente disperati. La maggior parte dei morti e dei feriti sono bambini, donne, anziani, disabili. I bambini orfani sono ormai più di 20mila: la gente ha perso tutto. L’80% delle case sono state distrutte, non ci sono abitazioni, scuole, moschee, chiese, cibo, strade: non c’è niente.

La gente ha almeno delle tende per dormirci?

Adesso arriva la pioggia: che cosa faranno? Non possono rimanere aperti neanche gli ospedali, non funzionano più, e l’esercito israeliano ha ordinato delle evacuazioni motivandole con la presenza di miliziani di Hamas.

Gli attacchi israeliani, in questo momento, sembrano concentrati più al Nord della Striscia.

Ma la situazione resta gravissima anche al Sud. Ormai per la gente non c’è un posto sicuro: dove possono andare? Se hanno perso la casa, Nord o Sud non può fare differenza, sono tutti per le strade.

Siete riusciti a portare qualche altro bambino in Italia per curarlo come quelli che sono già stati ricoverati nei nostri ospedali?

Stiamo cercando, ma è molto difficile. È tutto chiuso, anche il valico di Rafah è impraticabile, nessuno può uscire o entrare da mesi. Ci sono tanti bambini malati e feriti gravi, lavoriamo per portarli fuori, ma non ci riusciamo. I valichi sono tutti chiusi. Passava solo qualcosa tramite Rafah, ma il valico è distrutto.

Nelle zone che non sono direttamente teatro di guerra si riesce almeno a sostenere la popolazione?

Sono molto preoccupato dalla fuga dei cristiani. Da tempo vivo fra Betlemme e Gerusalemme e molti stanno andando via. Da Betlemme soprattutto. Non lavorano da un anno, non hanno salario. Ho incontrato moltissime persone disperate che vogliono lasciare tutto. Un centinaio di famiglie cristiane se ne sono già andate, non torneranno mai più. E molte altre vogliono farlo. Tutti lavorano nel turismo, ma ormai da un anno di turisti non ce ne sono. Molti cristiani avevano anche il permesso per andare a lavorare in Israele, a Gerusalemme, ma da quando è iniziata la guerra non possono più farlo. E così hanno perso il loro impiego: stiamo parlando di migliaia di persone.

Dove vanno i cristiani che lasciano Betlemme?

All’estero, in Cile, in America, a Cipro, in Grecia, dove riescono. Scappano. A Gaza non c’è neanche il pane, a Betlemme c’è, ma la gente non ha soldi per comprarlo.

Tutto questo sta passando sotto silenzio.

Non fa più notizia Gaza ma neanche la Cisgiordania: sono state arrestate più di 10mila persone dall’inizio del conflitto e i morti sono più di 800. Tutto questo non si sa.

(Paolo Rossetti)

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