Un drone che passa le difese aeree per un errore umano. Che ricorda come in una guerra in cui teoricamente nessuno vuole l’escalation basta poco per aggravare la situazione. Il drone degli Houthi che ha ucciso un israeliano a Tel Aviv è forse il segnale, osserva Vincenzo Giallongo, generale dei Carabinieri in congedo con al suo attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, di qualche falla nel sistema difensivo israeliano, ma dopo quello di Nasrallah, il capo di Hezbollah che aveva minacciato di colpire città israeliane come ritorsione agli attacchi ai civili in Libano, è un altro avvertimento a Israele per ricordare che il fronte si può spostare da Gaza e interessare anche i civili israeliani.
La guerra nella Striscia, intanto, prosegue e potrebbe allargarsi al Libano, soprattutto se Biden fosse “delegittimato” dall’abbandono della candidatura a prossimo presidente USA. Ma la risposta ai continui attacchi di Israele potrebbe arrivare da un’alleanza tra Hamas, Hezbollah e Houthi, unite per concertare azioni più pericolose di quelle portate singolarmente dai tre gruppi filo-iraniani.
Intanto la Corte internazionale di giustizia dichiara illegali le occupazioni dei territori palestinesi da parte israeliana. Un pronunciamento che non cambierà molto la situazione: Israele continuerà la guerra e l’occupazione dei territori. Una soluzione per Cisgiordania e questione palestinese si potrà avere solo coinvolgendo i Paesi mediorientali, che fino a questo momento rimangono alla porta.
Come va inquadrato l’attacco degli Houthi a Tel Aviv? È un’azione simbolica, anche se purtroppo ha portato a un morto e dei feriti, o il segno di un possibile peggioramento della situazione?
Hamas è ormai ridotta ai minimi termini, ma Hezbollah è ancora forte, tanto che si continua a parlare di un attacco al Libano che, secondo me, arriverà, soprattutto se Biden dovesse dimettersi da candidato. E gli Houthi continuano a fare la loro parte. Israele deve rassegnarsi a un futuro più o meno prossimo di attentati di questo tipo. Deve stare con gli occhi aperti.
Nessuno sembra intenzionato a volere un’escalation nell’area, però questo drone è stato indirizzato in una zona della città dove si trova l’ambasciata americana: siamo sempre a poco da un incidente che può avere conseguenze più gravi?
Che fosse diretto verso l’ambasciata americana lo dicono gli israeliani, ma non abbiamo le prove. È fuori discussione che gli Houthi abbiano antipatie nei confronti degli USA e lo hanno dimostrato anche nel Mar Rosso. Gli americani sono un nemico primario, che poi il drone fosse veramente diretto lì è tutto da stabilire.
Nei giorni scorsi Nasrallah aveva detto abbastanza chiaramente che Hezbollah è pronta ad attaccare città israeliane, anzi un drone aveva sorvolato il territorio di Israele per dimostrare che ci sono i mezzi che possono agire senza essere intercettati. C’è il pericolo reale di portare il conflitto dentro il Paese e non più solo a Gaza?
Israele sta già riflettendo seriamente su questo. All’interno dei gruppi terroristici spesso ci sono fazioni diverse, alcune delle quali sono più propense a condurre attacchi decisi. Vale per Hamas come per gli altri. C’è una struttura militare ma alcuni sono più bellicosi di altri. Gli Houthi, comunque, sono compatti contro Israele, e avevano già dichiarato di voler portare la guerra in casa sua. L’attacco di Tel Aviv è da interpretare come un avvertimento. Sono convinto che, se Israele continuerà nei suoi attacchi decisi contro Hamas e Hezbollah, questi si coalizzeranno. Non dico che faranno una guerra santa, ma ci sarà un tentativo di coalizione tra questi due gruppi e gli Houthi. Attacchi singoli e sporadici non portano a nulla.
Ci sono già dei contatti?
Tra Houthi ed Hezbollah ci sono, tra Hezbollah e Hamas pure, non ci saranno problemi a che Hamas li abbia anche con gli Houthi.
In questo può avere un ruolo anche l’Iran, anche se ora c’è un nuovo presidente che dicono sia riformista?
Riformismo da noi ha un significato e in Iran ne ha un altro. Si tratta di un presidente, ma è solo, non può cambiare le carte in tavola. Meglio lui di un altro reazionario, ma non so cosa possa fare. L’Iran rimane un fornitore di droni per molti, compresa la Russia. Non si espone direttamente ma agisce, ha interesse che ci siano questi gruppi perché distolgono l’attenzione diretta dall’Iran stesso.
Secondo Times of Israel, il drone è stato avvistato, ma per errore non si è attivata la difesa antiaerea e non si è fatto niente per fermarlo. In misura ridotta è quanto è successo il 7 ottobre? La difesa israeliana mostra qualche falla?
Sono convinto che il 7 ottobre i servizi segreti israeliani sapessero dell’attacco, anche se forse non ne hanno previsto l’entità, e hanno deciso di sfruttare l’occasione per una risposta dura e violenta. In questo caso la situazione è diversa. Di falle nel sistema difensivo israeliano non è la prima volta che si parla. Un mese fa Biden diceva che avrebbe aiutato gli israeliani a potenziare la difesa contraerea, vuol dire che qualche problemino ce l’hanno.
Israele risponderà a questo attentato?
Non credo che distoglierà la sua attenzione da quello che ha pianificato, dalla sua strategia, per rispondere a questo episodio. Se ce ne fossero altri potrebbero farlo.
In generale la guerra durerà ancora a lungo?
Hanno un piano e andranno avanti per la loro strada, che non è quella di interrompere la guerra. Dato quasi per scontato che vincerà Trump, Israele avrà ancora più la possibilità di muoversi liberamente.
La Corte internazionale di giustizia intanto ha sentenziato che ritiene illegale la presenza di Israele nei territori che negli anni sono stati occupati dai coloni. Cambia qualcosa con questo pronunciamento?
L’Aja e buona parte dell’Europa sono sempre state filopalestinesi, un tempo lo era anche parte del governo democristiano italiano. Questo pronunciamento lascia il tempo che trova. Cosa faranno, condanneranno i governanti israeliani a non venire in Europa? Spiccheranno mandati internazionali? Non credo proprio.
Gli israeliani continueranno comunque a occupare i territori?
Assolutamente sì. È un pronunciamento quasi ininfluente. Darà adito a chiacchiere ma nei fatti non si concretizzerà nulla.
L’occupazione dei territori, comunque, è un ostacolo per la pace: secondo gli accordi di Oslo lo Stato palestinese sarebbe dovuto nascere anche lì. Si riuscirà a trovare una soluzione?
Terminata l’operazione contro Hamas bisognerà veramente che si mettano tutti intorno a un tavolo per trovare una soluzione di pace. Ma ci devono essere soprattutto gli Stati della regione: il Qatar, l’Arabia, anche l’Iran. Quello che manca è un’iniziativa dei Paesi mediorientali, quelli che con una mano danno soldi ad Hamas e ad altri, e con l’altra fanno finta di essere contrari a una guerra. Israele potrebbe fare la pace ma vuole delle garanzie che solo queste nazioni potrebbero dare. Il problema della Cisgiordania e dei territori occupati potrebbe essere risolto solo con un coinvolgimento di questo tipo.
(Paolo Rossetti)
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