Più di 45mila persone decedute per la guerra. E sono solo i numeri ufficiali. La morte di freddo dei bambini, anche neonati. Oltre 120mila tende, diventate il rifugio di chi ha perso casa, danneggiate irreparabilmente. L’inferno di Gaza, con bombardamenti continui e la gente costretta ad andarsene, è sempre più cupo. Una tragedia, spiega Filippo Landi, già corrispondente RAI a Gerusalemme e inviato di TG1 Esteri, che sembra non avere fine. L’accordo per liberare gli ostaggi e dichiarare una tregua, intanto, non c’è: Israele vuole mantenere il controllo su Gaza e questo impedisce ogni intesa. Rimane, invece, l’idea di colpire l’Iran, che non è mai stato debole come in questo momento. Ma non si può farlo senza il consenso di Trump.
Bambini morti di freddo, oltre 45mila vittime ufficiali, altri attacchi agli ospedali. Ma Gaza, almeno, c’è ancora?
Gaza esiste ancora e mostra giorno per giorno il deterioramento di un conflitto che, dal punto di vista strettamente militare, ha poco ormai da aggiungere a quello che è accaduto nei mesi scorsi. I fatti mostrano un duplice intento da parte dell’esercito israeliano: per prima cosa vuole eliminare ogni tipo di struttura civile a sostegno della popolazione nel nord di Gaza, che spinge quotidianamente ad andare via. La chiusura dell’ospedale Kamal Adwan e l’arresto del suo direttore, l’evacuazione forzata di tutti i malati e dello staff sanitario vanno in questo senso.
Qual è l’altro obiettivo dell’IDF?
Qualsiasi minima azione da parte di Hamas nell’area settentrionale della Striscia viene usata come giustificazione per evacuazioni forzate della popolazione: è accaduto all’estremità nord di Gaza, dove alla gente, dopo il lancio di due razzi verso Israele, è stato ordinato di andare via. Gli israeliani sembrano interessati fino a un certo punto a un’eventuale resa di Hamas: non cambierebbe per loro l’obiettivo di eliminare di fatto la popolazione da quell’area.
Molta gente, ammassata da Khan Yunis fino a Rafah, non ha più la casa ma neanche un minimo di riparo. Cosa sta succedendo?
Si calcola che su 170mila tende, 120mila siano state danneggiate dal vento e dalla pioggia. Tutto questo succede in assenza di qualsiasi intervento da parte degli USA: Blinken aveva inviato una lettera al governo Netanyahu chiedendo di aumentare drasticamente gli aiuti umanitari, sostenendo che se questo non fosse accaduto gli Stati Uniti avrebbero bloccato l’invio delle armi. Non ha prodotto nessun effetto. Scaduto il termine di 30 giorni che era stato indicato, il portavoce del segretario di Stato americano ha detto che non si vedono le ragioni per applicare il blocco degli armamenti, che forse poteva essere l’unico mezzo per cambiare la situazione dal punto di vista umanitario.
Colpisce soprattutto la notizia della morte di freddo di cinque neonati. Qual è la temperatura nella regione?
Gaza è un territorio dove, nei periodi invernali di dicembre, gennaio e febbraio, le temperature si avvicinano allo zero, cosa che sta accadendo. Senza riscaldamento nelle tende cresce soprattutto il numero dei bambini che stanno morendo: il freddo li colpisce particolarmente perché sono malnutriti. I più piccoli sono i primi a subire le conseguenze di questa situazione e non solo per l’assenza di qualsiasi tipo di attività scolastica.
Anche le trattative per la liberazione degli ostaggi e la tregua sono state una presa in giro?
Solo parzialmente. Si è inserito un nuovo elemento che è passato sotto silenzio. Nelle ultime settimane i rappresentanti dell’Autorità Nazionale Palestinese sono stati chiamati più volte al Cairo: è stato chiesto di garantire il controllo dei miliziani di Hamas, della Jihad e persino di Fatah, con la promessa di affidare loro la gestione del valico di Rafah.
Come possono dare queste assicurazioni?
Dimostrando capacità di intervento anche in Cisgiordania. La richiesta ha prodotto una serie di incursioni nelle città di Jenin e di Nablus. I poliziotti dell’ANP sono stati protagonisti di scontri che hanno provocato la morte di alcuni innocenti e di un giornalista palestinese. Siamo arrivati al punto che la gente è scesa in piazza contro di loro.
Ma l’ANP si è guadagnata la fiducia degli israeliani per controllare Gaza?
Apparentemente sembra che non abbiano superato la prova, ma sono riusciti, in modo orribile, ad aumentare l’ostilità che vaste parti della popolazione hanno nei confronti dell’ANP, considerata piegata ai voleri dell’esercito israeliano.
Perché anche stavolta l’accordo per la tregua e gli ostaggi non è andato in porto?
Per una ragione chiara, di fondo. Il governo israeliano, come ha detto il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar, è determinato a mantenere direttamente il controllo militare su Gaza nei prossimi mesi, forse anni. Tutte le ipotesi di accordo in discussione invece prevedono il cessate il fuoco, lo scambio dei prigionieri israeliani con i detenuti palestinesi, ma anche il ritiro dell’esercito israeliano da gran parte di Gaza, sia pure scaglionato nel tempo.
Qual è, allora, lo scenario più probabile della guerra nell’immediato futuro?
Per il momento non ci sono grandi cambiamenti in vista. Netanyahu, intanto, verrà sottoposto a un intervento chirurgico e ha ottenuto la sospensione almeno per una settimana del processo a suo carico. Poi bisognerà vedere cosa accadrà in Siria e in Iran.
Dunque a Gaza dobbiamo aspettarci che gli israeliani continuino a bombardare; per il resto, invece, potrebbe succedere qualcosa sul fronte iraniano?
Sta già succedendo qualcosa: resta l’idea che l’Iran oggi sia più debole e che quindi si possa agire contro il regime di Teheran su molti fronti, non solo nello Yemen, ma anche attraverso operazioni di intelligence. Un’azione diretta può essere decisa solo ed esclusivamente dal nuovo presidente americano. Dagli Stati arabi moderati come Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi e Oman, però, arrivano inviti alla prudenza.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.