Una resa dei conti. Non solo con Hamas, ma anche con Hezbollah. Israele torna a minacciare un’operazione in grande stile nel Sud del Libano e forse il motivo è proprio questo: dopo aver fatto di tutto per neutralizzare Hamas nella Striscia, non può permettersi di tollerare i missili di Hezbollah diretti al territorio israeliano, alcuni dei quali in questi giorni hanno provocato grossi incendi. Gli USA hanno già chiesto di non procedere; questa azione, però, commenta Vincenzo Giallongo, generale dei Carabinieri in congedo con al suo attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, potrebbe rappresentare solo la prima tappa di un piano di eliminazione delle milizie filo-iraniane libanesi, destinate nei programmi di Netanyahu, Smotrich e Ben Gvir a essere colpite esattamente come l’organizzazione palestinese ideatrice del blitz del 7 ottobre.
E mentre l’iniziativa di Biden per un cessate il fuoco non decolla, a Gaza riprendono i raid dell’IDF, secondo l’esercito israeliano mirati a stanare i terroristi, ma che alla fine, come al solito, colpiscono per la maggior parte civili: secondo il ministero della Sanità palestinese, sono costati 68 morti in 24 ore. Probabile che questo sia il futuro immediato che gli abitanti della Striscia si devono aspettare: altre bombe. Senza neanche la speranza che poi si cominci a parlare di due Stati: Israele non sembra proprio intenzionato a farlo.
Netanyahu dice che Israele è pronto per un’operazione intensa ai confini con il Libano. Qual è l’obiettivo di questa iniziativa?
Dopo Hamas vogliono eliminare Hezbollah. È un dato di fatto. E non escludo che pensino di regolare i conti anche con l’Iran, in un momento storico in cui non ha ancora la bomba atomica.
Non basta la creazione di un cuscinetto al Nord tra i confini di Israele e Libano?
Non possono dire che vogliono eliminare Hezbollah, cominciano a giustificare la loro azione per creare una zona cuscinetto tra i due Paesi e poi pian piano si allargano: l’appetito vien mangiando. Sono convinto che Israele voglia eliminare Hamas e fare tabula rasa anche dei suoi alleati, come Hezbollah. Non possono far fuori gli uni e tenersi gli altri: sono sempre terroristi.
Insomma, per Israele questa è l’occasione per una resa dei conti con tutti i suoi nemici?
Secondo me sì. Non lo preannuncia ma quello è l’obiettivo. Per tappe. E non credo che si fermino alla creazione di una buffer zone. Hezbollah è una spina nel fianco, averli lì al confine significa che un giorno sì e un giorno no arrivano cannonate verso Tel Aviv.
Mentre Netanyahu annunciava l’operazione al confine Nord, Smotrich e Ben Gvir non perdevano occasione per chiedere un’azione immediata contro Hezbollah. La linea nel governo la detta l’estrema destra?
No, chi stabilisce come muoversi è il centrodestra di cui fa parte Netanyahu, che tutti davano per morto ed è ancora lì saldo a governare. Anche se ormai si tratta di una linea che non è molto diversa da quella dell’estrema destra.
Decide ancora Netanyahu ma di fatto si avvicina molto a quello che pensano Smotrich e Ben Gvir.
Sì, l’alternativa per loro è seguire questa linea oppure “calarsi le braghe”. E non credo proprio che Israele voglia farlo. Andranno avanti così anche quando Hamas verrà eliminata: nonostante tutto qualcuno si salverà o si riorganizzerà e Israele dovrà mettere in conto che subirà attentati. I servizi segreti avranno molto da lavorare.
Questa prospettiva, di fatto, porterà a una guerra permanente?
Ci saranno meno attentati, saranno più controllabili: nel momento in cui fai fuori migliaia di terroristi, quelli che rimangono devono stare attenti a quello che fanno. D’altra parte, se fossi nei panni di Netanyahu, avrei cercato di fare la stessa cosa: tentare di portare a casa più ostaggi possibile, ma non a patto di una pacificazione con personaggi che poi potrebbero commettere altrettanti attentati. Liberare 30 ostaggi per poi vedersi uccidere nel giro di un anno 300 persone non è tollerabile.
L’iniziativa di Biden per cercare una tregua che sfoci in un cessate il fuoco definitivo procede a stento. Hamas sostiene che gli americani facciano balenare la possibilità di terminare la guerra, anche se poi Israele è su posizioni diverse. Una versione che tiene?
Per una volta sono d’accordo con Hamas: gli americani fanno sempre il passo più lungo della gamba, per scopi politici legati alle elezioni. Biden deve darsi un’immagine. A volte succede che forzando la mano la controparte accetti certe proposte. Qui, però, era chiaro che si trattava di un tentativo destinato a fallire: il governo di Israele è fortemente coeso per raggiungere un obiettivo, quello della eliminazione di Hamas. Non credo possa cadere nei giochini di Biden. Anche il presidente americano e il suo staff sapevano che Israele non avrebbe dato il suo assenso: ci hanno provato per vendere questa iniziativa a fini elettorali.
Intanto i raid di Israele sui campi profughi continuano, mentre 40 persone sono state uccise in un attacco a una scuola dell’Unrwa usata per ospitare gli sfollati. Naturalmente per Israele c’erano dei terroristi, mentre nelle versioni accreditate anche dalla stampa araba sono morti sfollati, donne e bambini. Massacri di questo tipo sono proprio necessari per ottenere la distruzione di Hamas?
I morti civili, che non hanno nulla a che vedere con la guerra, anzi, che la devono subire, sono sempre un grande dolore, ma le guerre sono la cosa più brutta che esista proprio perché muore la gente. Questi conflitti, poi, con reparti come quelli di Hamas, che non sono militari inquadrati ma terroristi che fanno della mimetizzazione tra la popolazione il loro punto di forza, fanno sì che i morti siano ancora di più. Hamas è in difficoltà e ha ancora più bisogno di polverizzarsi sul territorio: alla fine ci rimettono i civili, completamente indifesi. Questi massacri sono anche colpa dei Paesi dell’area che non si sono prestati ad accoglierli: almeno in parte si potevano trasferire con qualche ponte aereo o ponte navale.
Insomma, siamo destinati a vedere altri bombardamenti, anche se probabilmente tutto ciò non permetterà di risolvere la questione palestinese?
Ci rimetterà la popolazione civile, ma analizzando freddamente la situazione non si può non prevedere che Israele andrà avanti. Si sono spinti troppo oltre: sarebbe come giungere fino alle porte di una città da conquistare e poi improvvisamente decidere di tornare indietro.
Resta sempre il dubbio su cosa voglia fare veramente Israele nel dopoguerra nella Striscia di Gaza e in tutta la Palestina. Finora non si è capito. Cosa succederà?
Non sappiamo cosa vogliono fare. Che anche loro non lo sappiano non credo, avranno qualche piano in testa. Sono convinto, però, che non siano affatto per i due Stati e questo è sbagliato, perché credo che sia l’unica soluzione. Con gli anni la gente si abituerebbe a questa situazione. La mia paura è che Israele questo non lo voglia: sarebbe un errore gravissimo.
(Paolo Rossetti)
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