Per Israele si pone il problema di dove “sistemare” i palestinesi una volta finita la guerra ad Hamas. Gran parte della Striscia di Gaza è in macerie, oltre 1,7 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case. Ci sono diverse ipotesi di piani post guerra di cui si sta discutendo nell’esecutivo israeliano. La più controversa è quella relativa al “reinsediamento volontario” dei palestinesi in Africa, avanzata dai ministri di estrema destra Ben Gvir e Bezalel Smotrich, fatta propria dal governo. L’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu, Volker Turk, si è detto “molto turbato dalle dichiarazioni di alti funzionari israeliani su piani di trasferimento dei civili da Gaza a Paesi terzi“.



Turk ha, inoltre, ricordato che “l’85% della popolazione di Gaza è già sfollata interna a causa della guerra. Hanno il diritto di tornare alle loro case“. Ma ha anche evocato il diritto internazionale, in base al quale è proibito il trasferimento forzato di persone protette o la deportazione da un territorio occupato. La bocciatura arriva anche dal Dipartimento di Stato Usa, che ha definito il piano una “retorica irresponsabile e incendiaria“.



“CONGO DISPONIBILE AD ACCOGLIERE PALESTINESI”, MA C’E’ UN PIANO ALTERNATIVO

Israele starebbe portando avanti trattative con la Repubblica democratica del Congo, che è uno dei Paesi più poveri e meno sicuri al mondo, oltre che con altri Paesi, come l’Arabia Saudita, affinché accolgano migliaia di “immigrati” da Gaza. Una fonte del gabinetto di sicurezza ha confermato al Times of Israel che “il Congo sarà disponibile ad accogliere migranti e siamo in trattative con altri“. Il primo ministro Netanyahu, durante una riunione del suo partito Likud, ha confermato che sta studiando un piano per facilitare la migrazione volontaria degli abitanti di Gaza verso altri Paesi. “Il nostro problema è trovare Paesi disposti ad assorbire gli abitanti di Gaza e ci stiamo lavorato“, ha dichiarato.



L’alternativa, portata avanti da alti funzionari della Difesa, è stata riportata dal Jerusalem Post: al termine della guerra, i gruppi familiari che hanno collegamenti con Hamas, ma tradizionalmente legati a città e settori specifici, saranno chiamati a gestire Gaza. Quindi, verrebbe affidato loro il controllo su consegne di cibo, acqua e altri beni essenziali. Ma i funzionari governativi non hanno chiarito come possa essere garantita una separazione netta tra clan familiari e Hamas, che governa Gaza da 16 anni.