Suor Nabila Saleh, una delle poche religiose rimaste a Gaza, da quel 7 ottobre si è trincerata all’interno della sua Rosary Sister School nel Nord della Striscia, accogliendo circa 650 sfollati che cercano disperatamente di scappare dalle bombe israeliane. Già, israeliane, perché nei pressi della sua scuola non c’è e non c’è mai stata traccia di Hamas, ma è servito a poco dirlo, nonostante, per di più, diverse volte l’esercito di Netanyahu ha fatto irruzione nella scuola, andandosene sempre a mani vuote.
Suor Nabila, però, non è intenzionata ad arrendersi, né per la sua Gaza, per i suoi sfollati, nè, soprattutto, per la sua scuola, che ora è più simile ad un cumulo di macerie. Ogni volta che la connessione internet lo permette (quindi poche) si collega con Papa Francesco, talvolta anche con il quotidiano Avvenire, che si è fatto portatore della sua voce, del suo appello disperato affinché si permetta l’arrivo di aiuti umanitari nella Striscia. A Gaza “manca tutto, non c’è rimasto più niente, neanche l’acqua potabile”, ha spiegato Suor Nabila l’ultima volta che ha sentito il Pontefice, “se non arriva la tregua entro domenica, la gente comincerà a morire di fame, di malattie”.
Suor Nabila racconta la reale situazione di Gaza
Ciò che sta accadendo a Gaza, spiega ancora Suor Nabila ad Avvenire, “è una pazzia“, così come lo è anche la richiesta israeliana rivolta agli sfollati di spostarsi verso il Sud della Striscia. Lì, infatti, sono stati ammassati tutti i rifugiati (o almeno coloro che sono riusciti a schivare le bombe e i combattimenti per arrivarci), che ora occupano, sul confine con l’Egitto, un’area di 3,5 km quadrati, grande quanto 500 campi da calcio.
A Gaza, hanno assicurato da Tel Aviv, non vengono bombardate le Chiese o i luoghi religiosi, ma nella realtà Suor Nabila ricorda con orrore quei primi giorni di bombardamenti in cui sono state uccise 25 persone. L’esercito si è difeso sostenendo che “fuori dal nostro perimetro c’era una postazione militare di Hamas”, ma le immagini della scuola non fanno assolutamente pensare ad un effetto collaterale. “Abbiamo tra di noi persone che hanno ancora le schegge in corpo”, racconta ancora Suor Nabila da Gaza, “le curiamo come possiamo ma le ambulanze non possono arrivare, gli ospedali sono stati distrutti, e non sappiamo dove portarli”. E, tristemente, il riassunto di cosa sta accadendo nella Striscia l’ha lasciato scritto un militare israeliano sul muro, durante l’ultima incursione nella scuola in cerca di terroristi: “Hamas is responsible. You pay the price“. Ovvero “Hamas è il responsabile. Le conseguenze le pagate voi”.