Sembra che dopo 5 mesi di guerra a Gaza tra Israele e Hamas stiano per arrivare delle risposte al quesito troppo a lungo ignorato: cosa ne sarà della Striscia dopo che Tel Aviv avrà distrutto gli ultimi battaglioni di terroristi? Questa, infatti, è la missione israeliana fin dal 7 ottobre, eliminare tutti i terroristi nella Striscia, i suoi leader all’estero e liberare palestinesi e, soprattutto, israeliani dalla minaccia diventata ormai ingombrante.



Cosa ne sarà di Gaza dopo la guerra? Qualcuno dice che prenderà il controllo Israele, ma il governo smentisce; altri chiedono che sia una coalizione estera, ma gli arabi si oppongono; altri ancora vorrebbero lasciare tutto com’è, ignorando il problema con la conseguenza di generare nuovo odio, nuovo risentimento e nuovi attacchi e attentati. Un’idea, però, sembra essere quella che meglio ha resistito alla prova degli ultimi mesi e punterebbe ad affidare all’Anp la gestione di Gaza, riunificando (figurativamente) il popolo palestinese verso il governo cisgiordano riconosciuto internazionalmente. L’Anp, però, non gode di un gran favore internazionale, e neppure da parte dei palestinesi, nonostante l’avviato processo di revisione politica interna.



Il piano USA-Israele per la gestione di Gaza nel dopoguerra

Israele, però, avrebbe, con il supporto degli Stati Uniti, formulato un nuovo piano per la gestione del dopoguerra a Gaza, che potrebbe mettere d’accordo più o meno tutti (Hamas escluso). Il piano, anticipato da Repubblica e che dovrebbe essere formalizzato solo nei prossimi giorni, affiderebbe il popolo della Striscia al capo dell’intelligence di Fatah, Majed al Faraj, che con un manipolo di 4/7 mila uomini svolgerebbe, nelle prime fasi del dopoguerra, gli aiuti e il ritorno alla ‘normalità’ dei palestinesi.



Dopo la fase emergenziale, poi, il manipoli di uomini a Gaza tornerebbe in Cisgiordania, dove grazie a USA e Anp riceverebbero un addestramento militare, per poi tornare nella Striscia e creare una nuova infrastruttura per la Difesa e la sicurezza. Majed al Faraj, d’altronde, è uno degli uomini più fidati di Abu Mazen, se non proprio il suo braccio destro, ma ha anche il favore degli USA e, soprattutto, di Israele. Inoltre, non è un volto noto dell’Anp, fatto che potrebbe contribuire al favore nei suoi confronti all’interno di Gaza e tra i palestinesi.