Paul Mazzolini, in arte Gazebo, è intervenuto in occasione di “Oggi è un altro giorno”, trasmissione di Rai Uno condotta da Serena Bortone e andata in onda nel pomeriggio di giovedì 29 settembre 2022. Il cantante ha esordito con una battuta: “Ho sempre pensato che un giorno mi daranno un premio per avere fatto aumentare la popolazione italiana negli anni Ottanta con le mie canzoni d’amore. ‘I like Chopin’ nasce perché si ballava il lento e in quel periodo mi sono buttato: stavo leggendo all’università le traduzioni di Charles Baudelaire.
Gazebo nacque a Beirut, poi si trasferì ad Amman e visse la guerra dei 6 giorni: “Fu un periodo strano. I figli dei diplomatici vivono solitamente in una specie di bolla, ma noi avevamo questa casa vicino all’aeroporto e le bombe scoppiavano. La guerra è tutto ciò che la precede e tutto ciò che la segue. Fu un bel trauma, tanto che mia madre propose a mio padre nel 1968 di vivere in un posto più tranquillo, Copenaghen, che era esattamente il contrario del posto che ci lasciavamo alle spalle”.
PAUL MAZZOLINI (GAZEBO): “HO IMPARATO IL RIGORE SIN DA PICCOLO”
La madre di Paul Mazzolini, alias Gazebo, era di origini croate e si era sposata in prime nozze con un americano. Il padre, romano, invece, era stato fatto prigioniero degli scozzesi e quando era tornato a casa cantava al figlio tutte le canzoni con accento scozzese. Quando arrivarono a Copenaghen, trovarono numerosi hippie americani, anche a scuola: “In classe non c’erano distinzioni d’età e di sesso, ma neppure di razze… Avevamo cani, gatti, topi! C’erano poi gli strumenti e chi non voleva seguire la lezione poteva prenderli e uscire fuori dall’aula”.
Il padre di Gazebo si accorse però che qualcosa non andava e quindi il figlio fu spostato in una scuola anglicana, gestita dalle suore: “Il rigore che ho imparato mi consente di controllarmi. Tutti i gesti di normale civiltà nascono da un’impostazione”. La sua carriera artistica si concluse negli anni Novanta per via del servizio militare obbligatorio: “Quando sono tornato, i miei collaboratori erano impegnati nei progetti di altri artisti e gli spazi si erano ristretti”.