Gemma Calabresi ha scritto un libro per raccontare l’esperienza più significativa della sua vita, “che ha dato un senso vero e profondo, perdonare”. Oggi ospite di Domenica In, la donna ha spiegato quanto sia stato difficile perdonare i killer di suo marito, Luigi Calabresi e lo ha fatto nel suo libro “La crepa e la luce”. La donna rimase vedova a 25 anni con due bambini piccoli ed un terzo in grembo.



I due si incontrarono a Capodanno del ’68: “Era una festa in casa di una mia amica alla quale non sarei dovuta andare, ma lei ha insistito e mi ha convinta”, ha raccontato. Appena entrata in casa, vide il suo futuro marito e la colpì subito: “Fu un colpo di fulmine. Lui era un romanaccio, ironico, alla Alberto Sordi”. Ma anche Luigi la adocchiò, tanto da baciarla all’istante. Dopo un anno e quattro mesi erano già sposati: “Tornai dal viaggio di nozze in Spagna incinta di Mario”.



Gemma Calabresi e gli anni bui prima dell’attentato al marito

Quando Luigi Calabresi è stato ucciso, Gemma era incinta del terzo figlio al quale ha dato il nome del marito. Dopo la strage di piazza Fontana qualcosa iniziò a turbare Luigi: “A volte lo vedevo e lui in ansia mi raccontava dei pezzettini ma aveva iniziato a mettere delle regole, ovvero non uscire dal portone senza vedere se qualcuno mi seguiva, non dire che faceva il commissario, al cinema entravamo a spettacolo iniziato”. Tutto questo come lo viveva? La sua fortuna erano i due bambini piccoli: “Dentro me aveva una sensazione di tanta ansia, vedendomi in una vetrina in corso Vercelli dissi ‘sarò vedova’”, pochi giorni prima dell’attentato.



L’ultimo anno Luigi non c’era mai, ma “sono stati anni duri”, ha raccontato la donna. Di quella mattina ricorda come fosse un giorno come tutti gli altri: “Abbiamo preso insieme il caffè, poi ho preparato la colazione per i bambini, mi ha salutato ed è uscito, non prima dell’ultima regola”. Le ultime parole dell’uomo? “Questo è il simbolo della mia purezza”, riferito alla cravatta bianca indossata quell’ultimo giorno. Quelle ultime parole furono una “rivelazione”.