È uscito in questi giorni un testo che farà certamente discutere: La sindrome del criceto (La Vela, 2020), un nuovo saggio di Alberto Contri, uno dei massimi esperti italiani di comunicazione, oggi docente di Comunicazione sociale all’Università Iulm di Milano. Analizza i problemi causati dalla mitizzazione dell’Intelligenza artificiale, e quelli della diffusione delle teorie gender e del conseguente pensiero unico politically correct.
Leggendo il pamphlet, scopriamo che alla fine l’autore, insieme al filosofo Salvatore Veca, propone la costituzione di un movimento d’opinione per ribellarsi all’evidente degrado del Paese, i Gru ovvero Gruppi di resistenza umana.
La scelta del titolo non è casuale. Come ci spiega lo stesso Contri, infatti, “la natura ha dotato il criceto di una grande capacità di correre per poter sfuggire ai predatori. Oggi, da quando è diventato un animale da compagnia, se non corre nella sua ruota, perde la forma perché non può più beneficiare del rilascio delle endorfine: alla fine cade in depressione e muore. È quindi evidente che la sua corsa serve solo a lui e a nessun altro. Se ci guardiamo intorno, ci accorgiamo che il Paese è in questo penoso stato a causa di tutti quelli che hanno corso solo per se stessi, e che oggi stanno al governo soprattutto per garantirsi uno stipendio, e con assai scarse capacità tattiche, e ancora meno, strategiche”.
Che nesso c’è tra la sindrome del criceto, l’Intelligenza artificiale e le teorie gender?
La mitizzazione dell’una e delle altre non solo non porta vantaggi alla società, ma fa anche gravi danni. La dichiarazione di pandemia globale ad opera dell’Oms ha colto di sorpresa un mondo impegnato a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell’Intelligenza artificiale, dei robot dotati di coscienza, della libera scelta del proprio sesso, indipendentemente da quanto scritto nel Dna dell’uomo. Che già si stava dichiarando onnipotente, addirittura transumano, e liberato dall’ingombrante fardello della tradizione, della propria storia, e persino delle leggi della natura.
Come da sua abitudine, anche in questo pamphlet lei ha raccolto un gran numero di punti di vista appartenenti ad autorevoli esponenti di varie discipline, e pure di diverso orientamento culturale.
Lo faccio anche per cercare di evitare le tifoserie e i facili attacchi di chi considera la realtà da un punto di vista ideologico. Ad esempio, riportare un editoriale dell’Economist che stigmatizza le quote strumentalizzate dalle lobby del politically correct, è un bel modo per invitare a riflettere, dato che stiamo parlando di un settimanale notoriamente progressista.
Il testo non si limita a fare diagnosi anche impietose, ma propone un’interessante soluzione: i Gru, Gruppi di Resistenza Umana. Di che si tratta?
Ho incontrato moltissime persone che non accettano più la situazione che stiamo vivendo, in particolare nel mondo universitario, dove, mentre ero presidente di Pubblicità Progresso, ho costruito un network di oltre 100 docenti appartenenti a 85 facoltà e master di 45 atenei. Tutte persone che ritengono sia venuto il momento di opporsi apertamente a un degrado sempre più evidente, in cui primeggiano elementi senza cv né studi alle spalle, al massimo capaci di rilanciare le buzz words (le parole di moda) del momento. Occorre ridare alle cose il loro giusto peso. Chi studia comunicazione da molti anni è semplicemente umiliato dal ruolo dato a un pur svelto giovanotto che ha come unica esperienza la partecipazione al Grande Fratello. Per non parlare di ministri e sottosegretari che fanno e disfano senza alcun cursus honorum di un qualche minimo valore alle spalle.
E come ci si può opporre a questa situazione?
Opporsi al degrado e alle facili mitizzazioni non significa affatto demonizzare sviluppo tecnologico e Intelligenza artificiale, che devono rimanere preziosi mezzi e non pericolosi fini. Né smettere di battersi per il rispetto delle diversità e per la parità di genere – che significa parità di diritti, non insulsa innaturale eguaglianza –, impedendo che questo impegno si trasformi nella delegittimazione dell’unica famiglia in grado di perpetuare naturalmente la stirpe umana.
E quindi?
Dopo aver analizzato la criticità della situazione e raccolto pensieri di molte autorevoli e indipendenti personalità, insieme al professor Salvatore Veca, che ha scritto una postfazione su un futuro dal volto umano, abbiamo deciso di proporre, alla fine di questo pamphlet, il manifesto dei Gru “Gruppi di resistenza umana”. Si tratta di un movimento d’opinione che intende promuovere la forza delle idee basate sull’educazione, lo studio, la formazione, l’approfondimento, la condivisione del sapere, il rispetto della dignità di ogni persona, la promozione dell’uomo e il rifiuto del relativismo etico. Alla ricerca di un vero umanesimo integrale che sappia combinare tradizione e innovazione.
È un movimento che può avere successo?
L’idea è ingenua e potente a un tempo: costituire un movimento d’opinione di carattere pre–politico, che permetta a tutte queste intelligenze in sofferenza di ritrovarsi, contarsi, riflettere, dialogare e poi proporre anche soluzioni. “Per risollevare il Paese” è l’apposizione di Gru (i pubblicitari la chiamano pay-off) individuata dal saggista Bruno Ballardini, uno dei primi a condividere il progetto. A questo scopo le adesioni vanno mandate a scriviagru@protonmail.com, così come eventuali progetti e proposte di temi da affrontare e risolvere secondo i valori del Manifesto. Inoltre, chi lo sottoscrive, si impegna moralmente a promuoverli nel proprio ambiente professionale, familiare o amicale. Perché questo è l’unico modo per ricostruire un tessuto sociale dilacerato.
(Max Ferrario)