Mariupol non è un obiettivo militare per la Russia, ma è il palcoscenico ove il presidente Vladimir Putin intende mostrare la sua punizione. Questa è la tesi del generale Paolo Capitini, che di esperienza militare ne ha molta, avendo preso parte a diverse operazioni all’estero (Somalia, Bosnia, Kosovo, Ciad e Repubblica Centro Africana, Haiti e Libia) e avendo prestato servizio presso il Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma, il Corpo di Reazione Rapida della NATO a Lille e la Scuola Sottufficiali Esercito a Viterbo. Esperto di scienze strategiche e di storia militare, ha le idee chiare su cosa stia accadendo in Ucraina.



Mariupol non è pensabile come obiettivo militare: non ci sono strade, punti di passaggio; quindi, non è necessario averla per l’offensiva nel Donbass. Se non c’è una ragione militare, c’è una manovra di punizione. C’è l’intento del fare del male“. Ne ha parlato ieri sera a Controcorrente, spiegando che l’offensiva vera e propria della Russia non è ancora cominciato. “Per ora c’è un tiro per tenere il ritmo dell’azione, ancora si deve vedere il lancio dell’offensiva terrestre e sarà separata da Mariupol. Non si vedono ancora forze di terra. Si vedono azioni di pattugliamento per vedere come reagisce l’avversario“.



GENERALE CAPITINI “IL MOSTRO DELLA GUERRA…”

Riguardo la possibile durata della guerra in Ucraina il generale Paolo Capitini non si è sbilanciato. “Battaglie brevi non ce ne sono, nessuno può decidere a priori la durata. Si può dare una proiezione di attrito, cioè quanto può costare in termini di usura delle persone e dei materiali“. Sollecitato a Controcorrente su una previsione, ha rilanciato: “C’è una scala del dolore? Ognuno sente il suo. Io parlo da soldato: la guerra si combatte per un motivo, hai uno scopo e usi la violenza minima per raggiungere questo scopo. Se eccede lo scopo, diventa incomprensibile anche per chi combatte“.



Inoltre, il generale ha spiegato le ragioni per le quali non parla di genocidio: “È una questione semantica. Il genocidio è stato quello degli armeni, degli ebrei. Vuol dire che l’obiettivo è la cancellazione di quella popolazione. Non credo che sia l’obiettivo finale“. Infine, ha offerto una analisi interessante della guerra: “Non riusciamo a guardare in faccia il mostro della guerra, ma quando lo scateniamo ha quella faccia. Non c’è moderazione, cavalca e ritorna in gabbia da solo quando ha finito di correre. Devi avere una grande paura. È vero che la guerra è una questione novecentesca, ma per noi. Altrove è un acceleratore politico. Ci vuole coraggio a guardare in faccia questo mostro“.