Sono giornate molto intense per Claudio Costamagna. Sì perché l’ex banchiere di Goldman Sachs, chiamato da Caltagirone alla guida della contro lista delle Generali nel ruolo di Presidente, si è trovato in verità alle prese con attività decisamente operative, degne di un CEO più che di un Presidente. Ma che Cirinà avesse bisogno di qualche tempo in più per imparare qualcosa che in 30 anni di carriera non aveva mai fatto (e nessuno gli aveva mai proposto) era prevedibile.
Fatto sta che con gli investitori il frontman lo deve fare Costamagna e la strada si sta rivelando ben più in salita di quanto il suo CV da ex banchiere lasciasse presagire, soprattutto dopo le raccomandazioni di tutti i principali proxy advisor, ovvero i consulenti che danno agli investitori internazionali le raccomandazioni sui voti assembleari, insolitamente schierati all’unisono contro la lista di VM2006-Caltagirone e in favore della lista del CdA di Generali.
E così Costamagna ha dovuto rimboccarsi le maniche e cercare di ricordarsi come si fa questo mestiere bussando alla porta degli investitori alla ricerca di nuovi consensi. Ma qualcosa deve essere andato storto negli incontri del roadshow se l’ex banchiere ha dovuto dichiarare a Reuters che “gli investitori hanno male interpretato che le ambizioni di M&A fossero priorità massima”.
Un concetto ripreso e approfondito lunedì 11 aprile quando l’ex banchiere, arruolato dal romano Caltagirone nella sua guerra per la liberazione di Trieste, ha illustrato ai consiglieri di CRT riuniti in pompa magna per l’occasione il piano “Awakening the lion”. In quella sede Costamagna, dovendo commentare i giudizi molto critici espressi da tutti i consulenti dei fondi e dagli analisti sul piano da lui partorito (Cirinà ha giurato e spergiurato che lui il piano l’ha visto solo alle battute finali) ha detto – così riporta chi era presente a quell’incontro – che quei giudizi lasciano il tempo che trovano perché gli investitori sono pochi e soprattutto capiscono poco o nulla.
Proprio lui, l’ex banchiere di Goldman Sachs chiamato per parlare ai mercati, davanti al consiglio della CRT ha ripetuto quanto detto a Reuters: i mercati, gli investitori, non capiscono nulla.
Insomma, che i rapporti di Costamagna con il mercato potessero essere arrugginiti lo si poteva immaginare ma che maturasse subito un divorzio cosi traumatico erano in pochi a prevederlo.
Persino il fido Giovanni Quaglia, presidente di una CRT lacerata dalle polemiche dopo la decisione accompagnarsi al romano Caltagirone, deve aver frainteso le parole di Costamagna se è vero, come riportato in una recente rivista a La Stampa, che “le operazioni di finanza straordinaria attraverso fusioni e acquisizioni” sono in cima alla classifica delle motivazioni che lo hanno spinto ha dichiarare il suo supporto – non da tutti condiviso all’interno del cda della Cassa di Risparmio di Torino – in favore della discontinuità.
Un’incomprensione generale, insomma, che serpeggia non solo tra gli investitori, ma anche tra i proxy advisor e arriva fino all’alleata CRT (anche qui però bisogna concedere il giusto tempo alla fondazione torinese per imparare il mestiere di fondo attivista).
E dire che di energie per spiegare meglio il duo Costamagna-Cirinà ne ha profuse parecchie. Sempre in un’intervista rilasciata alla Stampa, l’aspirante CEO Luciano Cirinà ha detto che i proxy advisor “hanno preso una gigantesca cantonata” perché “hanno creduto di aver davanti la lista del consiglio ma era quella di Mediobanca“.
Insomma, da dove la giri, a detta dei principali rappresentanti della lista di Franco Caltagirone, sembra che sia gli investitori, sia i proxy non abbiano capito nulla del loro piano. O forse, semplicemente, le idee son per tutti fin troppo chiare?
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