DIETRO GENERALI. “Shareholders should support Donnet” (gli azionisti dovrebbero supportare Donnet, ndr). Lo scrive Breakingviews facendo eco a quanto già sostenuto nelle settimane scorse dall’Economist e dal Financial Times. Al di fuori dei confini nazionali e guardando la vicenda da una prospettiva di mercato si fa davvero fatica a comprendere come un Ceo e un management che hanno sovraperformato tutti i target del piano che gli azionisti gli avevano affidato debba essere cacciato.
Se pensate però che questo possa interessare il 79enne costruttore romano Franco Caltagirone dal portare avanti il suo progetto di ribaltone triestino vi sbagliate di grosso. Il re del cemento affronta il giudizio negativo degli analisti delle case di brokeraggio (non uno che abbia scritto che il suo piano è convincente) e dei media finanziari internazionali con una spavalderia quasi fanciullesca (venata a tratti dall’ira). Di fanciullesco, nell’anziano imprenditore romano, c’è anche l’ostinazione con cui tende a replicare gli errori del passato con diabolica perseveranza.
Correva il 2015 quando Caltagirone, incurante di qualsiasi prudenza, fece il giro di tutte le banche d’affari che forniscono servizi di advisory e collocamento azionario per proporre la quotazione di Domus Italia S.p.a. (società immobiliare interamente controllata da Caltagirone) attraverso un’offerta in aumento di capitale necessaria a finanziare acquisti immobiliari da società controllate dallo stesso Caltagirone. L’idea doveva essergli sembrata lineare, ma tutte le banche interpellate declinarono l’invito a seguito dei dubbi sulla fattibilità e trasparenza dell’operazione.
D’altronde che il suo rapporto con il mercato sia sempre stato difficile lo testimoniano anche altre iniziative poco fortunate. Tra queste qualcuno ricorda con ironia (diabolica anch’essa) l’esito dell’Opa parziale lanciata su Caltagirone Editore Spa (la società editrice dei giornali tutti schierati a rumorosa difesa del padrone in queste settimane): le adesioni finali furono pari allo 0,285% (è giusto) delle azioni oggetto di offerta. Niente, gli investitori non ne vollero sapere e considerarono incongrua l’offerta di Caltagirone anche dopo un cospicuo rilancio.
A onor del vero però un’Opa andata a buon fine nel CV di Caltagirone la si trova. Con qualche stento (fu necessario riaprire i termini e procedere a massicci acquisti sul mercato), ma l’Opa residuale su Vianini Lavori S.p.a. fu condotta in porto. Quello che si registrò dopo il de-listing fu poco edificante, ma se siete di stomaco debole non sarete mai in grado di apprezzare l’uomo Caltagirone: la società venne letteralmente “spolpata” attraverso un pay out ratio che nei due anni seguenti l’Opa (2016-2017) schizzò al 354% (vs. 31% nei due anni precedenti l’Opa) con una distribuzione di una componente straordinaria pari al 73% dei dividendi distribuiti.
Situazioni e procedure poco edificanti in Vianini Spa ebbe a rilevarne anche la Consob quando nel 2017 comminò alla società e ai due sindaci Antonio Staffa e Maria Assunta Coluccia due multe, rispettivamente di €50mila per la società e di €40mila per ciascuno dei due sindaci, a causa della scarsa trasparenza sulle operazioni con parti correlate in relazione all’acquisizione da parte di Vianini Spa di Domus Italia Spa (da ICAL2, un’altra società di proprietà di Caltagirone). Ma che le procedure di corporate governance non siano esattamente in cima alle preoccupazioni del costruttore romano, almeno fino alla folgorazione sulla via di Trieste, lo si evince anche dal fatto che le società Caltagirone Spa, Caltagirone Editore e Vianini sono tra le poche società italiane quotate su mercati regolamentati che non hanno adottato il Codice di Corporate Governance.
Chissà allora cosa avranno pensato Costamagna e Cirinà, l’improbabile accoppiata che dovrebbe convincere gli investitori finanziari ad appoggiare il ribaltone triestino, quando Caltagirone, contravvenendo al protocollo stabilito, è salito sul palco per “battezzare” con un accorato intervento l’incontro con gli analisti. Forse un brivido ha percorso la loro schiena pensando ai precedenti poco felici.
Di certo sappiamo che il costruttore romano non è tipo da perdersi in quisquilie e dev’essere per questo che le società quotate che controlla non brillano per trasparenza. Provare per credere: se andate su un sito a scelta di Caltagirone Spa, Caltagirone Editore o Vianini Spa non vi troverete alcun materiale informativo a supporto dei risultati annuali o semestrali (vedi alla voce presentazioni), né vi è traccia di eventi con la comunità finanziaria nell’ambito della presentazione dei risultati (vedi alla voce call con gli analisti), né tantomeno vi è traccia di copertura da parte di analisti di ricerca con conseguente mancanza di broker reports, raccomandazioni, target price e stime dei risultati. Se poi cercate dei rating da parte di qualche agenzia di rating allora siete proprio nel posto sbagliato. Però a questo punto, verrebbe da dire, la colpa è solo vostra perché di fatti e occasioni per capire quello che pensano gli investitori del 79enne costruttore romano ne sono piene le cronache finanziarie (e non) e quello che qui si è raccontato ne è solo una piccola e non esaustiva parte.
P.S.: Chissà se Costamagna e Cirinà, partiti per l’America a portare in roadshow i mirabolanti target del piano industriale che hanno presentato (più alti non solo di quelli del piano Generali, ma di tutte le compagnie assicurative del mondo) metteranno una buona parola con i proxy advisor anche in relazione alle società del loro dante causa Caltagirone. ISS in particolare da anni si ostina a bocciare regolarmente e senza eccezione tutte le remunerazioni proposte nelle società del costruttore romano, una circostanza piuttosto fastidiosa per il 79enne rivoluzionario e la sua credibilità di “liberatore” delle Generali.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI