I genitori gay sono discriminati in Italia? La Repubblica pubblica una serie di testimonianze di coppie omosessuali che denunciano quelle che ritengono vere e proprie discriminiazioni, solo in piccola parte dovute al Coronavirus. Dobbiamo certamente segnalare che la vicenda è molto delicata, perché queste rivendicazioni spesso vanno oltre quelli che sono i termini di legge in Italia oggi, ad esempio per quanto riguarda la stepchild adoption, ma il tema è sicuramente sensibile. La Repubblica presenta dunque alcune testimonianze con le rivendicazioni da parte dei genitori gay.
Ad esempio Valentina Zoi: convive con la compagna Aretha, che è la madre biologica di Niccolò e adesso è di nuovo incinta e per questo motivo si ritiene discriminata. “Il nostro secondo figlio nascerà tra due settimane ma anche per lui, come per Niccolò, sarò una mamma invisibile, una mamma clandestina per lo Stato italiano.
Eppure Aretha e io questi bambini li abbiamo “concepiti” insieme, sono frutto del nostro amore, sono tredici anni che stiamo insieme, anche se le gravidanze le ha portate avanti lei. Ma il nostro comune, in Toscana, ha rifiutato di mettere il mio nome sull’atto di nascita, siamo state respinte. Ora siamo in causa per farci riconoscere entrambe come madri. Per le nostre famiglie spesso non resta che la via giudiziaria”.
GENITORI GAY: LE RICHIESTE DELLE FAMIGLIE ARCOBALENO
Il Coronavirus ha portato alcune complicazioni aggiuntive a questi genitori gay, sostiene sempre Valentina: “In questi giorni di lockdown chiunque avesse una famiglia “non regolare” ha sentito sulla propria pelle la discriminazione burocratica dell’emergenza. Niente congedi, il rischio di essere fermata con Niccolò e non poter dimostrare di avere un legame con lui. Il contrario della nostra quotidianità, nella quale dalla scuola al pediatra sono considerata mamma a tutti gli effetti”.
Gianfranco Goretti con il compagno Tommaso ha due bambini ed è il presidente di Famiglie Arcobaleno, di conseguenza si fa portavoce di queste rivendicazioni dei genitori gay: “Vogliamo una legge che riconosca le nostre famiglie una volta per tutte e non, come sta accadendo, a macchia di leopardo sulla base di un tribunale, di un sindaco o di un ufficiale di stato civile rispetto a un altro”.
Il tema in realtà è molto delicato, perché in realtà vi sono situazioni dove sono i sindaci gay-friendly a violare le leggi: di certo, il quadro della situazione è molto variegato e la mancanza di chiarezza non aiuta nessuno.
GENITORI GAY: SITUAZIONI SPESSO CONTRADDITTORIE
Larissa Zoni ha ammesso apertamente di avere dichiarato il falso quando è nata la figlia Susanna, naturalmente tramite fecondazione assistita: “In ospedale, il giorno del parto, ho dovuto firmare un modulo in cui affermavo che Susanna era nata dall’unione naturale con un uomo.
Viviamo a Pisa, in un comune leghista, dove, abbiamo saputo, la nostra richiesta di risultare entrambe madri di Susanna non sarebbe mai stata accettata. La cosa assurda è che se fosse nata a Livorno, quindi soltanto a pochi chilometri di distanza, il nome di Monica, sua mamma “intenzionale”, così si dice, sarebbe stato aggiunto al certificato di nascita di Susanna, dove invece, fino ad ora, risulta soltanto, figlia mia”.
Tribunali diversi emettono sentenze differenti; anche i Comuni si muovono in ordine sparso. Per Larissa “lo Stato è invece contraddittorio. Monica, per il suo tipo di lavoro, si occupa di Susanna per molte più ore al giorno di me, eppure essendo invisibile per la burocrazia, non può avere un congedo, non può firmare i moduli scolastici, non potrebbe assistere nostra figlia in ospedale. E se a me accadesse qualcosa Monica potrebbe, per assurdo, essere esclusa dalla vita di Susanna”.