Il pedagogista Daniele Novara ha parlato di educazione, scuola e famiglia in un’intervista pubblicata da La Verità, sottolineando subito che il termine educazione “è uno dei più inflazionati”. Viene, secondo lui, “usato come contenitore” ma nella realtà indica “il bambino che si sintonizza con le sue risorse, che sviluppa tutte le sue autonomie, che impara quello che deve imparare”, insomma “il bambino educato è quello che fa le cose giuste in relazione alla sua età”.



Il problema educativo dei bambini, secondo Novara, è che “oggi i genitori sono particolarmente fragili. Sono la generazione dei bambini cresciuti davanti alla televisione commerciale”, spiega, e vengono peraltro deviati da “una pletora di presunti esperti di ogni tipo che [gli] propina qualsiasi cosa. Ci sono influencer”, continua a spiegare, “che sfruttano l’ingenuità e la fragilità dei genitori i quali, avendo perso il baricentro la loro titolarità educativa, si arrabattano in qualche modo”. Un ulteriore problema, in tutto questo, secondo Novara è rappresentato dal fatto che c’è un eccessiva “medicalizzazione”, dovuta a processi di diagnosi che “sono quasi tutti arbitrari”, oltre che “legati a un business molto sostanzioso che non sembra avere molto scrupoli”.



Novara: “I genitori non devono giocare con i figli ma essere autoritari”

Rimanendo nel tema delle medicalizzazioni, Novara spiega che “i bambini disabili, quasi tutti sul piano dei disturbi emotivi, sono arrivati al 4%“. Le famiglie, spiega, “prendono un assegno, possono stare a casa tre giorni al mese”, mentre la società è diventata “estremamente orizzontale orientata totalmente al narcisismo dove fare gioco di squadra è sempre più difficile”, perché “tutto è gara, tutto è competizione”.

Novara, tuttavia, nel suo ragionamento sull’educazione ci tiene anche a porgere un invito a tutti i genitori, ovvero quello di “fare, appunto, i genitori. Non diventate compagni di gioco dei vostri figli, perché questo è un compito che spetta ai compagni e alle compagne. Il papà che si mette a quattro zampe e fa il cavallo”, sottolinea il pedagogista, “non può funzionare”. Infatti, la cosa più importante, specialmente tra gli 8 e i 10 anni, spiega Novara, è acquisire “il senso dell’autorità“, senza il quale vi sarà una generale influenza negativa “sui suoi comportamenti scolastici, sociali e sportivi”.