NO, LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE NON DICE CHE I BAMBINI DEVONO SEMPRE PERNOTTARE CON LA MAMMA
A vederla superficialmente, la recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito che in determinate circostanze è meglio che i bambini fino almeno al terzo anno di età debbano dormire e pernottare dove risiede la mamma in caso di genitori separati. Nel giro di pochi giorni si è però assistito a reazioni spesso scomposte sui social e sul web, con le consuete “tifoserie” che sorgono anche su un caso così delicato come la separazione di un matrimonio: da un lato la tesi dei padri separati che si vedono togliere ulteriore diritti in un quadro complessivo già piuttosto sbilanciato verso la madre; dall’altro, mamme entusiaste perché “ha vinto la razionalità e la sensatezza”.
Ecco, resta sempre apprezzabile quando qualcuno in ogni campo non si sofferma alla superficie e alle fedi da tifosi ma si addentra cercando di capire e farci capire meglio: rientra in questo caso certamente l’avvocato Daniela Girando, consigliera Cnf e coordinatrice della commissione Diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni, che ai colleghi de “Il Dubbio” ha spiegato la sua posizione in merito alla sentenza della Cassazione dello scorso 11 luglio presso la storica sede di Piazza Cavour a Roma. «La sentenza della Cassazione numero 19069 dell’ 11 luglio scorso si è soffermata sul tema dell’affidamento del figlio della coppia separata che abbia meno di 3 anni e sul pernottamento con il padre», spiega l’esperta sottolineando come purtroppo gli organi di informazioni abbiano rilanciato la notizia con troppa enfasi, spesso in maniera erronea ed eccessiva.
Un padre infatti ha impugnato una sentenza della Corte di Appello di Ancona che gli impediva di avere pernottamenti con il figlio fino a 3 anni di età: la sentenza della Cassazione, chiamata a ricorso per presunta “violazione del diritto/dovere alla bigenitorialità”, ha invece dato ragione alla madre giudicando inammissibili le doglianze paterne in quanto «non riguardavano la valutazione illegittima di principi giuridici e processuali, ma chiedevano solamente la diversa valutazione dei fatti, già esaminati dai giudici di merito». Il tema spiegato dall’avvocato al “Dubbio” riguarda la centralità della bigenitorialità paritetica: in sostanza, la Cassazione non ha affatto allontanato i papà separati dai figli piccoli, ma per il semplice fatto che non si può dividere i tempi di pernottamento in maniera “razionalista” o da “ragionieri”. Secondo la componente dell’istituzione forense, la legale Giraudo, «bigenitorialità non vuol dire divisione salomonica di tempi e figli, vuol dire partecipare alla gestione e alla crescita, proseguire un cammino di sostegno e appoggio, possibilmente condiviso tra i genitori».
BERNARDINI DE PACE: “NESSUNA RIVOLUZIONE SUI FIGLI DEI GENITORI SEPARATI. SI CERCA DI RISPETTARE SEMPRE IL MINORE”
Sempre secondo l’avvocatessa Giraudo, la vicenda affrontata dalla Cassazione con la sentenza sui genitori separati, fa ben comprendere come in bambini piccoli soprattutto occorre sempre attenersi alle esigenze e urgenze del singolo minorenne: occorre sempre «privilegiare l’interesse del minore». Da ultimo, l’esperta tiene a precisare come anche le situazioni economiche vadano valutate per bene e non usate a “pretesto” per altri motivi e richieste: «qualcuno pensa che, se dividiamo i tempi del figlio o dei figli al 50%, la conseguenza sia il mantenimento diretto, quindi la possibilità di evitare alcun versamento di un concorso al mantenimento. Non è così».
In primo luogo perché è raro che le situazioni economiche di riferimento dei genitori siano realmente del tutto sovrapponibili; in secondo luogo, conclude Giraudo, perché la vera logica da seguire è quella dello schema di accudimento, «presenza e accompagnamento alla crescita di un figlio che sia coerente con le sue esigenze, tempi di permanenza equivalenti che non sempre sono fattibili e non sempre costituiscono una quotidianità» da porsi come realizzazione migliore interessi del bambino, che tra l’altro dovrebbe sempre essere il primo criterio in questa tipologia di determinazioni.
Secondo l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace, intervenuta su “Il Giornale” con un editoriale proprio a partire dalla sentenza della Cassazione, con tale disposizione i giudici “ermellini” non hanno minimamente inteso fare una “rivoluzione” sui figli dei genitori separati, come qualcuno ha anche scritto in questi giorni. «La Cassazione, confermando la decisione impugnata, non ha affermato un principio assoluto e categorico in forza del quale tutti i figli non possono pernottare dal genitore separato, o comunque sia non convivente, fino al terzo anno di età», scrive Bernardini De Pace spiegando come parlare di “solidarietà” non significa affatto diritti e doveri “pari” al 50%, ma piena contemporaneità in tutto affinché si riporti sempre la vita di ciascun bambino. Insomma, i minori non sono tutti uguali e la loro quotidianità va sempre tutelata: nel caso di Ancona, ad esempio, la Cassazione ha riconosciuto che per la piccola di 16 mesi il pernottamento con la madre fino ai 3 anni era la soluzione migliore in quanto – scrivono i giudici di Roma – «in modo da determinare, nella coscienza e nelle abitudini della minore, anche a livello inconscio, un legame radicale con entrambi i genitori». Ma in altri casi si potrebbe optare per altre soluzioni, senza dunque sempre “discriminare” i padri separati e senza nemmeno dare sempre ragione alla madri.